VARMA NISHU

Title:LE ORECCHIE
Subject:FICTION Scarica il testo


Nishu Varma

LE ORECCHIE

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Da I BASTONI DELLO YETI E ALTRE FAVOLE DI NEPAL
EMI 1996

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In una borgata, persa nel mezzo di una grande valle, abitava una povera vedova con il figlio di dieci anni. La donna faceva i lavori domestici per le famiglie benestanti e quel poco che riusciva a guadagnare bastava appena per due pasti quotidiani. Perciò, viveva in una misera capanna e aveva pochi stracci per coprirsi. Non aveva nemmeno i soldi per mandare il bambino a scuola ed egli perdeva il tempo chiacchierando con le anziane del villaggio, che si divertivano a giocare con lui.
Un giorno sentì la madre dire un'imprecazione. Non l'aveva mai sentita parlare così e volle sapere perché si fosse tanto arrabbiata. La donna disse: «Oggi avevo un po' di tempo e volevo aggiustare il mio vestito, ma ho perso l'ago. Non riesco a trovarlo e, naturalmente, non ho nemmeno un soldo per comprarne un altro».
Il bambino uscì di casa sconcertato. Non gli piaceva quella situazione e, ragionando tra sé, decise di procurare alla mamma quel misero ago. Ma come? La madre aveva già detto che soldi non ce n'erano... Era talmente in pensiero che non si fermò neanche a giocare con le anziane. Andò verso un negozio e si mise a parlare con il padrone. Chiacchierarono finché non arrivò un cliente e mentre il negoziante stava servendolo, rubò un ago. Dopo le solite frasi di saluto: stammi bene , ciao , si allontanò e tornò a casa. Aveva fatto tardi e la mamma dormiva già.
La mattina dopo le diede l'ago e disse: «Adesso puoi aggiustare quello che vuoi». «Dove l'hai trovato? Chi te l'ha dato?» chiese la donna. «L'ho rubato dal negoziante» rispose il bambino e le raccontò come aveva fatto. La madre tacque e, in silenzio, cominciò a riparare il vestito.
Sarebbe una buona idea se le procurassi un vestito nuovo pensò il figlio tra sé.
Non passarono molti giorni che egli ebbe la possibilità di rubare un sari1 nuovo. Lo portò alla madre, che si mostrò molto contenta e non volle nemmeno sapere in che modo il figlio ne fosse venuto in possesso. Anzi, disse: «Mi consideravo una donna senza risorse. Come mi sbagliavo!... Con un figlio come te non sarò mai senza speranza. Come sei ingegnoso! Da oggi ti chiamerò Ciature (che vuoi dire appunto 'ingegnoso')».
Pian piano le condizioni della famiglia cominciarono a migliorare. Non divennero ricchi all'improvviso, ma adesso la loro capanna aveva pareti in mattoni e il tetto di paglia. Sulla tavola c'era sempre da mangiare e avevano vestiti decorosi. La gente attorno era così semplice da non rendersi conto del segreto di quella prosperità.
Il ragazzo, ormai diventato giovane, lasciò la borgata per andare in città. Perché mai?... In primo luogo perché aveva paura di essere scoperto. Poi. per mettere alla prova la sua fortuna e la sua abilità là dove era più facile trovare gente ricca. Si muoveva, però, di città in città. Rubava in modo del tutto tranquillo e poi spariva dalla circolazione. La gente di città era terrorizzata da quel ladro. Non si riusciva a coglierlo sul fatto , perché era diventato veramente esperto nel suo mestiere !
La madre non aveva più bisogno di andare a fare i lavori domestici nelle case altrui, perché il figlio le mandava i soldi dalla città.
Una volta che tornò a farle visita, gli fece una proposta: «Ho trovato una bella ragazza per te. Vorrei tanto che ti sposassi... così avrò sempre qualcuno a farmi compagnia quando tu sei via». A Ciature non dispiacque questa proposta, ma priva voleva realizzare il sogno della sua vita. Alla madre disse: «Prima di sposarmi voglio avere due borse colme d'oro. Così non avrò più bisogno di andare in città 'per lavoro' e potrò rimanere sempre qui con te e con la mia famiglia».
Quella volta partì per Katmandu, la capitale, dove viveva il re. Chiaro che il suo obiettivo era il tesoro reale. Lì avrebbe trovato tutto l'oro che desiderava. Rimase in città per mesi, aspettando e studiando l'occasione propizia. Nel frattempo rubacchiava qua e là qualunque cosa gli venisse a portata di mano.
E finalmente arrivò il momento che sognava. Il re partì per la caccia con i suoi generali e la regina andò nei boschi con le sue ancelle per una merenda all'aria aperta. Essendo sguarnito il palazzo, entrò nel tesoro con facilità, ma uscendo incappò per una fatalità2 nella guardia di turno, che riuscì ad arrestarlo e imprigionarlo.
Mentre si aspettava il ritorno del re. che lo avrebbe giudicato, egli cominciò a riflettere sul modo in cui conduceva la sua vita, meglio, sul modo in cui l'aveva condotta fino a quel punto, perché ormai sapeva già che l'avrebbero impiccato. Era questa la punizione per i ladri, a quel tempo.
Tornato il re, la data dell'impiccagione fu stabilita. E il carceriere gli disse: «Possiamo esaudire un tuo ultimo desiderio: cosa vuoi?». «Voglio vedere mia madre» rispose il giovane.
La povera donna era già davanti al portone del carcere, perché era venuta a chiedere pietà al sovrano, appena saputo dell'arresto del figlio.
Fu portata subito davanti a lui. Vedendolo incatenato, scoppiò in lacrime e cominciò a gemere: «Non c'è giustizia al mondo. Stanno per impiccare il mio unico figlio. Cosa farò quando sarò vecchia? Chi baderà a me?» e così via.
«Smetti di piangere e viemmi vicino!» esclamò il giovane. Il tono di voce di Ciature impressionò la madre, che non aveva mai sentito il figlio parlare in quel modo. Intimidita, si avvicinò. Improvvisamente il figlio le prese le orecchie e cominciò a tirarle. La donna gridò forte, provocando l'intervento delle guardie. Il carceriere ebbe difficoltà a staccare il giovane dalle... orecchie materne e, subito dopo, lo portò di nuovo davanti al re, dicendo a questi: «Bisognerebbe infliggergli una pena anche più severa, se possibile, perché è stato molto cattivo con sua madre». E gli raccontò l'episodio.
Naturalmente il re volle sapere il motivo di tanta cattiveria e Ciature gli rispose: «Ho tirato le orecchie di mia madre perché sono esse colpevoli della mia sorte. Quando rubai l'ago, da bambino, raccontai tutto a mia madre. Le sue orecchie sentirono tutto, ma non mi diedero ascolto. Se in quel momento avessero spinto mia madre a darmi due schiaffi, non sarei diventato un ladro. Ora, prima di morire per le mie malefatte, volevo punire queste orecchie per il male che hanno fatto».
Il re fu impressionato dal ragionamento del giovane. Aveva davanti a sé uno che si era comportato veramente male, ma che si era anche davvero pentito. Ciature aveva ragione: la colpa risaliva alle orecchie materne, che non avevano saputo ascoltare.
Pensò a lungo il re, poi annullò il decreto di impiccagione e offrì al giovane un lavoro, come guardia dello stesso tesoro in cui aveva tentato l'ultimo furto. In cambio gli chiese la solenne promessa di non rubare mai più. Ciature fu commosso dalla misericordia del re e piangendo promise di essere onesto. Poi andò da sua madre e la abbracciò.

1 II sari è il tipico vestito delle donne indiane: un pezzo di stoffa, lungo circa sei metri, con cui esse si avvolgono tutto il corpo.
2 "Per una fatalità*": in questo caso vuoi dire per un caso avverso e non prevedibile.

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