BREZZA

Title:LA FAVOLA DI CANDIDO
Subject:ITALIAN FICTION Scarica il testo


Brezza

LA FAVOLA DI CANDIDO



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Forse voi avete in casa la statua di uno zio famoso, o di un santo, e nella vostra città, in piazza, quella a un soldato, un generale o un marinaio. Qualche volta fanno la statua del generale a cavallo, ma sicuramente non vi è mai capitato di vedere la statua di un coniglio, di un vitello o di un pellicano.
Se vi dico che conosco un posto dove c'è una statua con un agnello e un'aquila non datemi del bugiardo, perché mi offenderei e non vi racconterei questa storia. Il paese che dico è molto lontano da qui e la statua c'è, grande e grossa, in cima a una roccia altissima. Vi racconterò anche il motivo per il quale quella statua è stata scolpita, e non importa se da allora sono passati mille e mille anni.
Si era alla fine dell'autunno: gli agnelli correvano allegri sul prato verde e le madri pascevano l'erbetta fresca. Ogni tanto davano un'occhiata ai loro piccoli, poi riprendevano a brucare e a chiacchierare.
All'improvviso un'aquila scese dal cielo e piombò sul gregge.
- Scappa, scappa! - urlarono in coro le madri ai piccoli.
Il branco di agnelli, spaventatissimo, si sparse in tutte le direzioni e le madri tremarono sapendo che i loro piccoli erano le prede preferite dai rapaci.
La madre di Candido belò più forte delle altre e fece anche il tentativo di avvicinarsi. L'aquila e Candido ora erano immobili, l'una di fronte all'altro.
- Tu voli - disse Candido sollevando la testa, senza mostrare alcuna paura.
- E tu non scappi come gli altri - disse l'aquila.
- Piacerebbe anche a me volare un po' - esclamò Candido - ma non so come si fa.
Non me l'ha insegnato nessuno.
Un istante dopo Candido pensò alle parole dell'aquila e gli parve di essere stato scortese per non aver risposto.
- Scusami - disse - tu mi hai chiesto perché non scappo come gli altri, e non ti ho dato risposta. Io non so perché gli altri scappano e non so perché anch'io dovrei scappare.
- Non importa - rispose l'aquila - mentre ti ascoltavo ho capito il motivo.
- Tu non hai il manto bianco - osservò Candido - ma delle piume lucide e nere.
Come mai?
- Noi tutti nasciamo sulla terra gli uni diversi dagli altri. È questo il motivo.
- Ti tengono molto caldo?
- Mi tengono caldo e mi aiutano a volare. Tu hai invece un bel manto candido.
Dev'essere davvero morbido.
- Infatti il mio nome è Candido. E tu?
- Io cosa?
- Come ti chiami?
- Celeste Aquila Reale.
- Ma sono tre nomi.
- Nella nostra famiglia ci chiamiamo tutti Aquila Reale. È il cognome. Poi c'è il nome. Io mi chiamo Celeste, mio padre Arcobaleno, mia madre Nuvola. Il tuo nome completo dev'essere Candido Ovino. Giusto?
Candido scosse la testa pensoso. Gli avevano insegnato il nome, ma del cognome nessuno gli aveva mai detto niente.
- Celeste Aquila Reale - disse Candido pensoso - se vuoi potremo diventare amici. Se a te non spiace.
Celeste restò in silenzio, osservando quell'ingenuo batuffolo di lana morbida dinanzi ai suoi occhi.
- E potresti insegnarmi a volare - aggiunse Candido.
Celeste non sapeva proprio cosa rispondere e restò ancor più in silenzio.
- Potresti insegnarmi a volare - ripeté Candido - se a te non spiace.
Aquila Reale emise un grosso sospiro, perché si trovava in una situazione che non gli era mai capitata nella sua lunga vita.
- Va bene - disse dopo un po' - ti farò volare. Ma è che tu non hai le ali, quindi dovrò portarti io.
- Da solo non posso volare?
- Non hai le ali. Per questo non puoi.
- Ma mi porterai in volo con te?
- Lo farò - disse l'aquila.
- Sono felice di averti incontrato - disse l'agnello.
- Senti - disse Celeste - ora mi sollevo da terra, e ti prendo con le mie zampe. Va bene? Ma non spaventarti quando saremo in alto nel cielo.
- Non mi spaventerò - rispose semplicemente Candido.
L'aquila batté forte le ali, si sollevò un po' e abbrancò l'agnello con le sue zampe.
- Ahi - disse Candido - mi fai male!
Celeste lo depose immediatamente a terra. Non aveva pensato che gli artigli, stringendosi sulla groppa del batuffolo bianco, avrebbero potuto far male.
- Senti - disse - se vuoi volare devi salirmi in groppa. Ma devi tenerti molto bene, capito?
Candido fece un cenno di assenso, e Celeste fece salire Candido sul suo dorso, ordinandogli di porre le zampe anteriori davanti all'attaccatura delle ali e quelle posteriori dietro.
- Dovrai tenerti molto stretto - consigliò Celeste.
- Mi terrò molto stretto - rispose Candido. - Ora possiamo volare?
- Ora voliamo - rispose l'aquila.
Celeste batté forte le ali, l'erba verde ondeggiò e il branco di pecore belò terrorizzato verso di loro. L'aquila volò verso il cielo.
- Tieniti stretto forte - ripeté Celeste.
- Mi tengo fortissimo - rispose Candido.
Ora la terra si allontanava, gli agnellini avevano ripreso a correre, molte pecore guardavano ancora verso l'alto, ma erano ormai diventate piccoli puntini bianchi e non si sentivano più belare. Sopra la sua testa Candido vedeva un cielo luminoso mentre, sotto, i campi diventavano piccolissimi, sembravano segnati da solchi e da rivoli, e più avanti i prati si alzavano verso l'alto.
Non abituato a volare, il piccolo agnello aveva paura di sporgersi di lato per guardare meglio e stringeva con tutte le sue forze le zampe attorno al corpo dell'aquila. Le ali continuavano a battere l'aria.
- Cosa sono - chiese Candido - quelle cose davanti a noi?
- Quali cose?
- Quelle che vanno in alto. - Il cuore di Candido era pieno di stupore per cose mai viste e mai immaginate.
Celeste guardò se ci fossero stormi di rondini o di gabbiani in volo, ma non ne vide.
- Quali cose? - chiese ancora.
- Quelle cose alte, là in fondo.
- Ah, tu dici i monti. I monti sono grandi prati coperti di erba e di alberi che corrono verso il cielo. Alle volte lo toccano.
- Mi porterai fin là?
- Ti porterò fin là - rispose paziente l'aquila.
Le ali continuarono a battere, poi restarono immobili, sospese nell'aria.
Eppure Celeste volava e l'aria frizzante avvolgeva il muso di Candido.
- Non cadremo - chiese Candido - se non muovi le ali?
- Non cadremo - rispose Celeste - perché l'aria ci sostiene. Ah, ecco laggiù la mia casa.
La montagna era altissima, Candido non ne aveva mai vista una, e i prati, visti da lassù, erano irriconoscibili.
- Hai la casa quassù? - chiese Candido.
- E ci sono i miei piccoli che aspettano.
L'aquila volò verso il basso, rallentando la sua corsa nei cieli. Su un picco, in un angolo riparato da un grande masso, tre aquilotti sentirono il battito conosciuto delle ali della madre e gridarono, con la testa verso l'alto e il becco spalancato, il loro richiamo. Aspettavano il loro cibo.
- Anche loro hanno le ali - si sorprese a dire Candido.
- Gli stanno crescendo - rispose Celeste.
- Un giorno voleranno come te?
- Un giorno. Ma se non gli porto da mangiare, non cresceranno e non voleranno.
- Forse ti ho fatto perdere tempo - disse Candido.
- Non importa - rispose l'aquila.- Ora ti riporto sul tuo prato.
Cambiò direzione, batté forte le ali e tornò indietro. Sul loro cammino incontrarono una nuvola bianca, con tanti riccioli, come la pelliccia di un giovane agnello, e a Candido, quando la attraversarono, sembrò fosse calato il buio. Poi il sole brillò ancora luminoso e il cuore di Candido si scaldò di gioia.
Nel giro di pochi istanti la montagna svanì, la terra tornò grande e il belare delle pecore giunse fino a lui.
L'aquila si posò dolcemente a terra.
- Bene - disse - ti ho fatto volare.
Candido si sentì commosso. Commosso per l'esperienza vissuta e per la cortesia di Celeste Aquila Reale, che l'aveva portato in mezzo al cielo. Voleva ringraziare la sua amica, ma non riusciva a trovare le parole adatte.
- Grazie - disse semplicemente.
Celeste comprese l'impaccio dell'agnellino, ma fece finta di niente.
- Bene - ripeté - ti ho fatto volare. Ora però devo correre dai miei piccoli. - Sbatté forte le ali. - Ti saluto - aggiunse.
Le ali solcavano l'aria e l'aquila socchiuse un attimo gli occhi per pensare.
Io, si disse, sono un predatore, non un aereo di linea. Io predo conigli e agnelli. Cosa mai mi è successo con Candido? Qualcosa era successo, anche se non sapeva cosa. Ne avrebbe parlato col suo medico.
Gli occhi acuti scrutarono verso il basso. Una lepre, un coniglio, a Celeste serviva qualcosa da portare nel nido, ai suoi aquilotti. Qualcosa che fosse lontano da Candido, per favore.
Il sole proiettò sul prato verde l'ombra del padrone dei cieli che tornava nel suo regno, ma non proiettò i suoi pensieri.
Agnelli e pecore corsero un istante dopo accanto a Candido. Anche Bianchina, la sua mamma, incredula per l'accaduto e felice che il piccolo fosse sano e salvo.
Lo lisciarono, lo leccarono, gli accarezzarono il manto bianco, ma non riuscirono a mettere in riga due ciuffi bianchi di lana che si ergevano là dove ...