UGOLOTTI BRUNO

Title:L'ORGANIZZAZIONE
Subject:ITALIAN FICTION Scarica il testo


L'ORGANIZZAZIONE
da
La Sala degli Specchi
di
Bruno Ugolotti

Da qualche parte di questa terra c'era una città dove da alcuni anni non si sapeva più come girarsi. La gente che possedeva l'automobile facevano delle code interminabili, cadevano nelle buche, si tagliavano la strada tra di loro, scontravano, scendevano e cominciavano a insultarsi. Chi l'automobile non la possedeva doveva alzarsi alle cinque del mattino e arrivava al lavoro in ritardo. A camminare lungo i marciapiedi ci si asfissiava per i miasmi della spazzatura ammucchiata sui margini, le pozze d'acqua nera e i gas di scarico dei motori, quando non si finiva in un tombino cui mancava il coperchio. A stare alla finestra si assordava. Si stava bene barricati in casa, o a letto.
I cittadini, fatte le elezioni comunali, mandarono a spasso il vecchio sindaco e ne nominarono uno nuovo che sembrava il più adatto tra tutti i candidati pel suo elevato spirito sociale.
Scelti i nuovi assessori, ascoltati i giuramenti, consumati i banchetti e finita la festa, il nuovo sindaco nominò un comitato di vari funzionari per fare l'esame della situazione.
Senza perdere tempo, questi si riunirono nel gran salone delle adunanze davanti alla tavola ovale. Redassero il verbale d'apertura, si alzarono a turno per fare le congratulazioni al nuovo sindaco, ringraziare il pubblico che li stava osservando alla televisione e farsi un po' di piazza uno con l'altro. Aggiunsero le frasi indispensabili che richiedevano le circostanze, si dichiararono in seduta permanente, firmarono il verbale di chiusura e tornarono a casa.
Le feste, i ponti, i giorni di vacanza, trascorso qualche mese il comitato diede il suo parere: per riordinare i servizi sanitari, organizzare la nettezza urbana, disciplinare il transito, riempire le buche nelle strade, spomare le fogne e via dicendo, non erano le risorse umane che mancavano né le risorse tecniche; mancavano i soldi.
Ad istanza del sindaco, il comitato nominò ipso facto un sottocomitato che doveva occuparsi di tirare su rapidamente, ed efficientemente, le somme di denaro necessarie per rimettere la città all'onor del mondo.
Discuti oggi, domani e doman l'altro, alla fine i funzionari responsabili si presentano al sindaco con un grosso fascicolo sotto il braccio.
"Illustrissimo", dicono, "se il Municipio è al verde vuol dire che le tasse che riscuote non sono sufficienti o che i contribuenti non le pagano. Abbiamo dato un colpo al cerchio e uno alla botte". E mostrano al sindaco una lista su dieci risme di fogli protocollo dove si enumerano in dettaglio, e in ordine alfabetico, i redditi, gl'introiti personali, le transazioni, le manipolazioni, i movimenti, le medicine, i beni di consumo, gli attrezzi del mestiere, i vari tipi d'attività, di cerimonie e di divertimenti dei cittadini che si sarebbero dovuti considerare, a cominciare da quel momento, oggetto di rendita municipale e perciò suscettibili di tassazione. Il cittadino poi che non avesse pagato il primo giorno la tangente assegnatagli avrebbe pagato doppio il giorno successivo, triplo il seguente e via di questo passo finché restava sul lastrico o finiva in carcere.
Al sindaco il disegno parve ottimo. Il passo successivo era quindi adottare le misure per metterlo in pratica.
A tamburo battente il sottocomitato nomina un sotto-sottocomitato composto dai segugi più efficaci e dagli esattori più temuti nella città e dintorni che deve dedicarsi a scovare i contribuenti con l'urgenza che la situazione richiedeva, a fare gli accertamenti necessari, a pescare gli evasori e castigarli.
Il sotto-sottocomitato nominò così due sotto-sotto-sottocomitati. Il primo doveva incaricarsi d'assoldare qualche migliaio di agenti da sguinzagliare per la città, sani, di buona costituzione fisica, dotati della grinta necessaria per non essere presi sottogamba. Il secondo doveva provvedere a prepararli secondo i procedimenti della migliore tecnica fiscale, allenarli alla corsa ed al karate, dotarli dei mezzi indispensabili per raggiungere gli obiettivi più distanti come automobili, bussing, motocarrozzette e ciclomotori, fornirli di berretto e di divisa, pistola, sfollagente, fischietto e walkie-talkie.
Preparati e allenati, gli agenti partono pieni d'entusiasmo. I contribuenti vengono individuati ad uno ad uno, registrati, torchiati. Il denaro comincia ad affluire nelle casse municipali. Il sindaco, che non sta più nella pelle per la contentezza, va a vedere i conti.
"Quanto?"
"Tanto".
"E disponibile pei lavori pubblici?"
"Niente".
"Oh perbacco!" mormora il sindaco contrariato. Ma poi pensa che l'organizzazione ha cominciato a funzionare da poco e che esigere dei superavit immediati sarebbe stato chiedere troppo.
Lascia passare un periodo di tempo prudenziale e torna a mettere il naso in esattoria.
"Quanto ora?"
Più che la prima volta.
"E disponibile?"
"Zero".
"Come zero!"
Il ragioniere capo tira fuori il registro delle spese spesso come tre dizionari legati insieme, l'apre all'ultima pagina ed indica il totale con la punta del lapis.
"Giudicate voi stesso".
Insomma, tanti presi, tanti spesi.
Il sindaco chiama i capi comitato.
"Prima mi dite che non ci sono soldi disponibili perché le tasse sono insufficienti, poi mi fate mettere la corda al collo ai cittadini e diventare l'uomo più odiato del paese, ed alla fine va tutto per pagare le spese dell'organizzazione. A che giuoco pensate che giochiamo?"
I capi ammettono che il circolo è vizioso e chiedono alcuni giorni per pensarci.
"Per noi che corrono le bustarelle", finiscono per concludere. "L'errore è stato fare economia e mandare gli agenti ad uno ad uno. D'ora in avanti li mandiamo in coppia".
Si ricomincia a reclutare gente. Le nuove leve vengono istruite, equipaggiate, vestite; si adegua il parco veicoli ed attrezzi alle nuove esigenze.
Le coppie degli agenti prendono il via, ritornano a bussare alla porta degli infelici contribuenti, rifanno tutti gli accertamenti, presentano le bollette e le notifiche, sporgono le denunce pertinenti. I cittadini fanno a pugni davanti agli sportelli dell'esattoria per timore di non riuscire a pagare in tempo.
Quando suppone che ci sia qualche frutto da raccogliere il sindaco va di nuovo a trovare il ragioniere. Il ragioniere gli fa il riassunto della situazione. Altro che ripulire la città! Tolte le spese, con quello che rimane non si spazzano nemmeno i marciapiedi.
"Perdincibacco!" brontola il sindaco dentro di sé. "Ce ne va della mia reputazione".
Fa una nuova riunione.
"Qui si continua a spendere un'ira di Dio e siamo sempre al punto di partenza. O ci mettiamo subito rimedio o gli elettori ce la danno loro".
"Ci manca solo tassare i cittadini per il volume d'aria che respirano", dicono i capi comitato, "e questo lo lasciamo al vostro senno. Ma abbiamo l'impressione che la musica non sia cambiata di molto anche se abbiamo riordinato l'orchestra: agenti doppi bustarelle doppie. Nomineremo un corpo d'ispettori per vigilarli".
Detto fatto. Si fa un po' di can can pubblicitario, i candidati accorrono, presentano il curriculum. Costa tempo, fatica ed altri soldi ma alla fine si può contare su un reggimento di persone scelte, riconosciute per il buon costume, pronte per fare i conti in tasca a chiunque, per drizzare gli storti e mangiarsi vive a vicenda.
Consultata la pianta della città, costoro si lanciano nei settori assegnati, si mettono in agguato, piombano su che è sospetto d'evasione o d'accettare mance, lo pesano, gli fanno i raggi ritto e coricato.
Passa del tempo, piovono denunce, cadono delle teste. Il sindaco la tira alla lunga più che può, poi alla fine si fa il segno della croce e torna in esattoria. Il bilancio, purtroppo, si conserva in pareggio.
Il sindaco dà i numeri.
I capi attendono che sbolla, lo prendono da parte e gli fanno a un dipresso questo discorso:
"Eccellenza, ci dovete scusare se rimaniamo della nostra idea, ma ricordiamo che Roma, ch'era Roma, si perse pel sistema delle mance. Un buon corpo di super-ispettori per vigilare gl'ispettori, ecco quel che ci manca..."
Si fa un concorso per super-ispettori. Questi vengono scelti, entrano in lizza, e il sindaco stava giusto aspettando i risultati quando una massaia più invelenita delle altre, un brutto giorno, bussò alla porta del suo ufficio, salutò con rispetto, si avvicinò al suo scrittoio e gli vuotò pari pari sulla testa una borsa di spazzatura di qualche giorno o una settimana con le budella, le spine di pesce e i residui dell'olio ch'era servito a friggerlo.
"Ahì a me!" gridò il sindaco.
Corse a casa, fece la doccia, si profumò, mandò i vestiti alla lavanderia, pubblicò un comunicato in cui si lagnava amaramente per l'ingratitudine dei suoi concittadini e rassegnò le dimissioni.
Ma l'organizzazione rimase. E garantito che rimane ancora se gli abitanti di quella città non sono morti di mal di fegato o sfollati in campagna.

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