JEROME KLAPKA JEROME

Title:FANTASMA FEDELE (IL)
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Subject:ENGLISH FICTION Scarica il testo


JOHNSON ED EMILY OVVERO "IL FANTASMA FEDELE".
(Storia di Teddy Biffles).

Ero poco più che un ragazzo, quando incontrai Johnson la prima volta,
ero a casa per le vacanze di Natale e, poiché era la vigilia, avevo
avuto il permesso di rimanere in piedi fino a tardi. Quando aprii la
porta per entrare nella mia cameretta da letto, mi trovai a faccia a
faccia con Johnson. Mi passò attraverso, e con un lungo, debole gemito
dolente scomparve dalla finestra delle scale.
Lì per lì mi spaventai (ero solo uno scolaretto, a quel tempo, e non
avevo mai visto un fantasma) e avevo un po' di paura ad andare a
letto. Ripensandoci, però, mi ricordai che gli spiriti potevano fare
del male solo ai peccatori, e così mi coricai, rimboccai le coperte e
mi addormentai.
Al mattino dissi a mio padre quello che avevo visto.
- Oh, sì, era il vecchio Johnson - rispose. - Non devi averne paura:
vive qui. - E poi mi raccontò la storia del poveretto.
A quanto sembrava, Johnson, da vivo, quand'era giovane, aveva amato la
figlia di un ex inquilino di casa nostra, una ragazza bellissima di
nome Emily. Papà non sapeva il cognome.
Johnson era troppo povero per sposare la ragazza, così le diede il
bacio d'addio, le disse che sarebbe tornato presto e partì per
l'Australia, a cercar fortuna.
Ma l'Australia, allora, non era come diventò in seguito. I
viaggiatori, in quel territorio selvaggio, erano pochi e rari e, anche
quando se ne acchiappava uno, gli oggetti personali che gli si
trovavano addosso avevano spesso un valore commerciale a malapena
sufficiente a pagare le semplici spese funerarie che il caso
richiedeva. E così Johnson impiegò quasi venti anni a fare fortuna.
Alla fine, comunque, egli portò a termine il compito che si era
prefisso e quindi, dopo essere sfuggito con successo alla polizia, e
aver lasciato la colonia senza macchia, ritornò in Inghilterra pieno
di gioia e speranza, a reclamare la sua promessa sposa.
Arrivò alla casa, ma la trovò silenziosa e abbandonata. Tutto quello
che i vicini seppero dirgli fu che, subito dopo la sua partenza, in
una notte nebbiosa, tutta la famiglia era sparita senza farsi notare e
che da allora nessuno li aveva più visti, né aveva sentito parlare di
loro, anche se il padrone di casa e buona parte dei negozianti locali
avevano fatto minuziose indagini.
Il povero Johnson, pazzo di dolore, cercò il suo amore perduto per
mare e per terra, ma non lo trovò mai e, dopo anni di inutili
tentativi, ritornò per finire la sua vita solitaria nella stessa casa
dove, un tempo, nei giorni felici, lui e la sua amata Emily avevano
passato tante ore beate.
Vi aveva vissuto completamente solo, vagando nelle stanze vuote,
piangendo e invocando la sua Emily perché tornasse da lui, e, quando
il povero vecchio era morto, il suo fantasma aveva continuato con la
stessa storia.
Era lì, disse mio padre, quando aveva preso la casa, e perciò l'agente
gli aveva fatto uno sconto di dieci sterline all'anno sull'affitto.
In seguito, non feci che imbattermi in Johnson, in giro a tutte le ore
della notte, e, per la verità, era lo stesso per tutti noi.
All'inizio, gli giravamo intorno e ci facevamo da parte per lasciarlo
passate, ma quando ci facemmo l'abitudine e sembrò che non ci fosse
nessun bisogno di tante cerimonie, prendemmo a passargli direttamente
attraverso. Non si poteva dire che ci stesse troppo in mezzo ai piedi.
E poi, era un vecchio fantasma gentile e innocuo, e a noi tutti
dispiaceva moltissimo per lui e lo compativamo. In verità, per un po',
fu il beniamino delle signore. La sua fedeltà le commuoveva tanto!
Con il passare del tempo, però, cominciò a diventare un po' seccante.
Vedete, trasudava tristezza: neppure un grammo di allegria, o di
cordialità. Faceva pena, ma dava ai nervi. Se ne stava seduto sulla
scale a piangere per ore e ore, e ogni volta che ci svegliavamo, di
notte, sapevamo con certezza che l'avremmo sentito gingillarsi nei
corridoi, entrare e uscire dalle diverse stanze, gemendo e sospirando,
e così non riuscivamo a riaddormentarci molto facilmente. E, quando
davamo una festa, veniva a sedersi fuori dalla porta del soggiorno e
singhiozzava tutto il tempo. Non faceva del male a nessuno, no, ma
faceva scendere su tutto un'ombra di tristezza.
- Oh, comincio a essere stufo di questo vecchio scemo - disse mio
padre, una sera (papà sa essere molto brusco, quando è arrabbiato,
come sapete), dopo che Johnson era stato più seccante del solito e
aveva rovinato una bella partita di whist, standosene seduto sul
camino a gemere, finché nessuno sapeva più quali erano le briscole e
neppure che seme era stato calato. Dovremo sbarazzarci di lui, in un
modo o nell'altro. Magari sapessi come fare!
- Beh- disse mia madre, - non metterai mai la parola «fine» con
lui, stanne certo, finché non avrà trovato la tomba di Emily. E'
quella che va cercando. Tu trova la tomba di Emily, mettigliela sotto
il naso e la pianterà. E' l'unica cosa da fare, credi a quello che
dico.
L'idea pareva ragionevole, ma l'ostacolo era che nessuno di noi sapeva
dove fosse la tomba di Emily, più di quanto non lo sapesse lo stesso
fantasma di Johnson. Il governatore suggerì di rifilare al poveretto
la tomba di qualche altra Emily, ma, a quanto pareva, la sorte volle
che non ci fosse nessuna Emily seppellita da quelle parti per miglia
nei dintorni. Non mi è mai capitata una zona così totalmente
sprovvista di defunte Emily.
Ci pensai su per un po', e poi azzardai anch'io una proposta.
- Non potremmo farne noi una falsa per quel vecchio?- indagai. Pare un tipo ingenuo. Potrebbe cascarci. Comunque, potremmo almeno
provare.
- Per Giove, faremo così - esclamò mio padre e la mattina dopo
(c'erano con noi gli operai) sistemammo un piccolo tumulo, in fondo al
frutteto, con su una lapide che portava la seguente iscrizione:
«Consacrato alla memoria di Emily. Le sue ultime parole furono: "Dite
a Johnson che l'amo"».
- Questo dovrebbe attirarlo - rifletté papà, una volta finito il
lavoro, mentre lo esaminava. - Almeno, lo spero proprio.
E funzionò!
Quella stessa notte, lo attirammo laggiù e... beh, ecco, è stata una
delle scene più patetiche alle quali abbia mai assistito, il modo in
cui Johnson si buttò su quella lapide e pianse. Papà e il vecchio
Squibbins, il giardiniere, quando lo videro, piansero come bambini.
Da allora, Johnson non ci ha più dato nessun fastidio, in casa. Adesso
passa tutte le notti a singhiozzare sulla tomba, e sembra
perfettamente felice.
- E'ancora lì? - Oh, sì. Vi ci porterò e ve lo mostrerò, la prossima
volta che venite a casa nostra: normalmente, il suo orario è dalle 10
di sera alle 4 del mattino; il sabato dalle 10 alle 2.
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