CAPUANA LUIGI

Title:LUPO MANNARO (IL)
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Subject:ITALIAN MISCELLANEOUS WRITINGS Scarica il testo


Luigi Capuana



IL LUPO MANNARO

C'era una volta un Re e una Regina che non avevan figliuoli e pregavano i santi, giorno e notte, per ottenerne almeno uno. Intanto consultavano anche i dottori di Corte.
- Maestà, fate questo.
- Maestà, fate quello.
E pillole di qua, e beveroni di là; ma il sospirato figliuolo non arrivava a spuntare.
Una bella giornata ch'era freddino, la Regina s'era messa davanti il palazzo reale per riscaldarsi al sole. Passa una vecchiarella:
- Fate la carità!
Quella per la noia di cavar le mani di tasca rispose:
- Non ho nulla.
La vecchiarella andò via brontolando.
- Che cosa ha brontolato? - domandò la Regina.
- Maestà, ha detto che un giorno avrete bisogno di lei.
La Regina le fece correre una persona dietro, per richiamarla; ma la vecchiarella aveva svoltato cantonata ed era sparita.
Otto giorni dopo, si presentava un forestiero, chiedeva di parlare in segreto col Re:
- Maestà, ho il rimedio per guarir la Regina. Ma prima facciamo i patti.
- Oh, bravo! Facciamo i patti.
- Se nascerà un maschio, lo terrete per voi.
- E se una femmina?
- Se una femmina quando avrà compiti i sette anni, dovrete condurla in cima a quella montagna e abbandonarla lassù: non ne saprete più nuova.
- Consulterò la Regina.
- Vuol dire che non ne farete nulla.
Stretto fra l'uscio e il muro, il Re accettò. Il forestiero cavò di tasca una boccettina, che gli spariva fra le dita e disse:
- Ecco il rimedio. Questa notte, appena la Regina sarà addormentata, Vostra Maestà glielo versi tutto intero in un orecchio. Basterà.
Infatti, dopo nove mesi, la Regina partorì e fece una bella bambina. A questa notizia il Re diede in uno scoppio di pianto:
- Povera figliolina, che mala sorte! Che mala sorte!
La Regina lo seppe:
- Maestà, perché avete pianto: Povera figliolina, che mala sorte?
- Non ne fate caso.
La Reginotta cresceva più bella del sole: il Re e la Regina n'erano matti. Quando entrò nei sette anni, il povero padre non sapeva darsi pace, pensando che presto doveva condurla in cima a quella montagna, abbandonarla lassù e non averne più nuove! Ma il patto era questo: bisognava osservarlo.
Il giorno che la Reginotta compì i sette anni, il Re disse alla Regina:
- Vo in campagna colla bimba; torneremo verso sera.
Cammina, cammina, giunsero a piè della montagna e cominciarono a salire. La Reginotta non potea arrampicarsi, e il Re se la tolse in collo.
- Babbo, che andiamo a fare lassù? Torniamo indietro.
Il Re non rispondeva, e si bevea le lagrime che gli rigavano la faccia.
- Babbo, che andiamo a fare lassù? Torniamo indietro.
Il Re non rispondeva, e si bevea le lagrime che gli rigavano la faccia.
- Babbo, che siam venuti a fare quassù? Torniamo indietro.
- Siediti qui; aspetta un momento.
E l'abbandonò alla sua sorte.
Vedendolo tornar solo, la Regina cominciò a urlare:
- E la figliuola? E la figliuola?
- Calò giù un'aquila, l'afferrò cogli artigli e la portò via.
- Ah, figliuola mia! Non è vero!
- Le sbucò addosso un animale feroce e andò a divorarsela nel bosco.
- Ah, figliolina mia! Non è vero!
- Faceva chiasso in riva al fiume e la corrente la travolse.
- Non è vero! Non è vero!
Allora il Re le raccontò per filo e per segno ogni cosa.
E la Regina partì, come una pazza, per ritrovar la figliuola.
Salita in cima alla montagna, cercò, chiamò tre giorni e tre notti, ma non scoperse neppure un segnale; e tornò, desolata, al palazzo.
Eran passati sette anni. Della bimba non s'era più saputo nuova. Un giorno la Regina si affaccia al terrazzino e vede giù nella via quella vecchiarella tanto ricercata:
- Buona donna, buona donna, montate su.
- Maestà, oggi ho fretta; verrò domani.
La Regina rimase male. E il giorno dopo stette tutta la mattinata ad aspettarla al terrazzino. Come la vide passare:
- Buona donna, buona donna, montate su.
- Maestà, oggi ho fretta; verrò domani.
Il giorno dopo, la Regina, per far meglio, andò ad aspettarla innanzi il portone.
- Maestà, oggi ho fretta; verrò domani.
Ma la Regina la prese per una mano e non la lasciò andar via; e per le scale le domandò perdono di quella volta che non le aveva fatto l'elemosina.
- Buona donna, buona donna, fatemi ritrovar la mia figliuola!
- Maestà, che ne so io? Sono una povera femminuccia.
- Buona donna, buona donna, fatemi ritrovar la mia figliuola!
- Maestà, male nuove. La Reginotta è alle mani d'un Lupo Mannaro, quello stesso che diè il rimedio e fece il patto col Re. Fra un mese le domanderà: mi vuoi per marito? Se lei risponde di no, quello ne farà due bocconi. Bisogna avvertirla.
- E il Lupo Mannaro dov'abita?
- Maestà, sotto terra. Si scende tre giorni e tre notti, senza mangiare, né bere, né riposare, e al terzo giorno s'arriva. Prendete un coltellino, un gomitolo di refe e un pugno di grano, e venite con me. La Regina prese tutto quello che la vecchiarella avea ordinato, e partì insieme con lei.
Giunsero ad una buca, che ci si passava appena. La vecchiarella attaccò un capo del refe a una piantina e disse:

- Chi semina raccolga,
Chi ti attacca, quei ti sciolga.

Ed entrarono. Scendi, scendi, scendi, la Regina già si sentiva le ginocchia tutte rotte.
- Vecchiarella, riposiamo un tantino!
- Maestà, è impossibile.
Scendi, scendi, scendi, la Regina non si reggeva più dalla fame.
- Vecchiarella, prendiamo un boccone, mi sento svenire!
- Maestà, non è possibile.
Scendi, scendi, scendi, la Regina affogava di sete.
- Vecchiarella, per carità, un gocciolo di acqua!
- Maestà, non è possibile.
E sbucarono in una pianura. Il gomitolo del refe terminò. La vecchiarella attaccò quell'altro capo ad una pianticina, e disse:

- Chi semina raccolga,
Chi ti attacca, quei ti sciolga.

Cominciarono ad inoltrarsi. Ad ogni passo la Regina dovea lasciar cadere in terra un chicco di grano e la vecchiarella diceva:

- Grano, grano di Dio,
Com'io ti semino, vo' mieterti io.

Il grano nasceva e cresceva subito, colle spighe mature che penzolavano.
- Maestà, ora piantate in terra il coltellino e sputate tre volte; siamo arrivati.
La Regina piantò il coltellino e sputò tre volte; e la vecchiarella disse:

- Coltellino, coltellino di Dio,
Com'io ti pianto, vo' strapparti io.

Lasciamo costoro e torniamo alla Reginotta.
Vistasi sola sola in cima alla montagna, s'era messa a piangere e a strillare; poi, povera bimba, s'era addormentata. Si svegliò in un gran palazzo; ma per quelle stanze e quei stanzoni non vedeva anima viva. Gira, rigira, era già stanca.
- Reginotta, sedete, sedete!
Le sedie parlavano.
Si sedette, e dopo un pezzettino, cominciò a sentirsi appetito. Comparve una tavola apparecchiata, colle pietanze fumanti.
- Reginotta, mangiate, mangiate!
La tavola parlava.
Mangiò, bevve, e poco dopo le vennero le cascaggini.
- Reginotta, dormite, dormite!
Il letto parlava. Era uno stupore. Così tutti i giorni. Non le mancava nulla, ma s'annoiava a star lì senza vedere un viso di cristiano. Spesso piangeva, pensando al babbo e alla mamma; ed una volta si mise a chiamarli ad alta voce, tra i singhiozzi:
- Babbo mio! Mamma mia! Con che cuore mi lasciate qui, mammina mia!
Ma una vociona le gridò:
- Sta' zitta! Sta' zitta!
Ranicchiossi in un canto, e non ebbe animo di più fiatare.
Passato un anno, un bel giorno si sentì domandare:
- Vuoi vedermi?
E non era quella vociona. Rispose:
- Volentieri.
Ed ecco gli usci si spalancano da loro stessi, e di fondo alla fila delle stanze viene avanti un cosino alto un cubito, vestito d'una stoffa a trama d'oro, con un berrettino rosso e una bella piuma più alta di lui.
- Buon giorno.
- Buon giorno. Oh, bimbo mio, come sei bello!
E lo prese in braccio e cominciò a baciarlo, a carezzarlo, a farlo saltare in aria come una bambola.
- Mi vuoi per marito? Mi vuoi?
La Reginotta rideva:
- Ti voglio, ti voglio.
E un altro salto per aria, prendendolo fra le mani.
- Come ti chiami?
- Gomitetto.
- Che fai qui?
- Sono il padrone.
- Allora lasciami andare! Lasciami tornare a casa mia!
- No, no! Dobbiamo sposarci.
- Per ora bada a crescere!
Gomitetto se l'ebbe a male ed andò via. E per un anno non si fece vivo. La Reginotta s'annoiava a star lì senza vedere un viso cristiano. Ogni giorno chiamava:
- Gomitetto! Gomitetto!
Ma Gomitetto non rispondeva. Un bel giorno le domandò di nuovo:
- Vuoi vedermi?
- Volentieri.
In un anno dovea esser cresciuto un pochino: ma gli usci si spalancarono, e le venne innanzi sempre lo stesso cosino alto un gomito, vestito di stoffa a trama d'oro, col berrettino rosso sormontato da quella bella piuma più alta di lui.
- Buon giorno.
- Buon giorno.
La Reginotta, nel vederlo lo stesso, rimase sorpresa. Lo prese in collo e cominciò a baciarlo, a carezzarlo, a farlo saltare in aria come una bambola.
- Mi vuoi per marito? Mi vuoi?
La Reginotta rideva:
- Ti voglio! Ti voglio! Ma per ora bada a crescere.
E qui un capitombolo per aria, prendendolo fra le mani. Gomitetto ...