SCOTT WALTER

Title:IL RACCONTO DELLO SPECCHIO MISTERIOSO
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Walter Scott


IL RACCONTO DELLO SPECCHIO MISTERIOSO


Introduzione.

Quel genere di pubblicazione che va normalmente sotto il nome di
"Annuario", una miscellanea di prose e versi corredata da numerose
incisioni e che viene pubblicata ogni anno nel periodo natalizio,
prosperò a lungo in Germania, prima di essere poi imitato nel nostro
Paese da un intraprendente libraio, tedesco di nascita, di nome
Ackermann. Il rapido successo riscosso dalla sua iniziativa provocò il
fiorire, come succede di solito ai nostri giorni, di una miriade di
pubblicazioni rivali e, fra le altre, di un annuario intitolato "The
Keepsake", il cui primo numero uscì nel 1828 suscitando grande
scalpore soprattutto a causa della sontuosità del tutto insolita delle
illustrazioni di cui era corredato. E' stato calcolato che la somma di
denaro spesa in questa grandiosa pubblicazione dai suoi dinamici
editori si aggirasse intorno a una cifra non inferiore alle dieci,
dodicimila sterline!
Prima che venisse richiesta la mia collaborazione era già risaputo che
diversi gentiluomini, la cui fama in campo letterario era tale che
chiunque si sarebbe ritenuto onorato di essere associato al loro nome,
avevano collaborato al suddetto annuario; fu quindi con grande piacere
che misi a disposizione dell'editore alcuni brani originariamente
destinati a essere inseriti nelle "Cronache del Canongate", oltre al
manoscritto di un dramma, un'opera dei miei anni giovanili abbandonata
ormai da tempo in un cassetto, "La casa di Aspen".
"The Keepsake" dell'anno 1828 conteneva, tuttavia, solo tre di questi
brevi racconti in prosa, il primo dei quali era, nell'ordine, quello
intitolato "Lo specchio della zia Margaret". Come di introduzione alla
storia, dal momento che è stata inserita in una raccolta completa
delle mie elucubrazioni letterarie, mi limiterò a dire che si tratta
di una semplice trascrizione, con l'aggiunta al massimo di
modestissime correzioni, di un racconto che ricordavo mi aveva colpito
da bambino, quando mi fu narrato vicino al fuoco da una dama dotata di
insigni virtù e di notevole talento, appartenente all'antica e nobile
casa degli Swinton. Si trattava di una mia affabile parente, che trovò
una morte così sconvolgente - uccisa, in un accesso di follia, da una
domestica addetta per una cinquantina di anni alla sua persona - che
ancora adesso non riesco a ricordarla, piccolo com'ero quando capitò
la disgrazia, senza sentire in me il doloroso risveglio di quelle che
rappresentano forse le prime immagini di orrore che i vari eventi
della vita reale hanno impresso nella mia mente.
Questa brava zitella vantava, fra gli altri lati del carattere, una
notevole dose di superstizione e le piaceva, tra le sue varie
bizzarrie, starsene da sola in camera, a leggere alla debole luce di
una candela infilata in un candeliere che lei stessa aveva ricavato da
un teschio umano. Una notte questo strano oggetto d'arredamento
acquistò di colpo la capacità di muoversi e, dopo aver eseguito alcuni
strani cerchi sul caminetto della brava donna, spiccò un salto leggero
sul pavimento e continuò a rotolare per tutta la stanza.
Senza perdere la calma, la signora Swinton andò nella camera vicina
per prendere un altro lume, ed ebbe la soddisfazione di svelare il
mistero lì su due piedi. L'antico edificio in cui lei viveva pullulava
di topi e uno di questi era riuscito a trovare rifugio nel suo
"memento mori" preferito. Pur essendo dotata di un saldo sistema
nervoso per niente femminile, nutriva una profonda fede nei fenomeni
soprannaturali, il che a quei tempi non era giudicato un atteggiamento
poco adatto alla sua condizione di persona matura e austera; e la
storia dello specchio magico era una di quelle rispetto alle quali era
particolarmente convinta, perché sosteneva che un membro della sua
famiglia era stato testimone oculare degli avvenimenti in essa
raccontati.


Racconto la storia così come è stata narrata a me.

Racconti press'a poco dello stesso tenore sono soliti riaffacciarsi
alla mente di così tanti fra i miei lettori, che io stesso ho finito
con l'immergermi in questo genere di storie tradizionali al quale, in
un certo periodo della mia vita, ho dedicato senza dubbio un numero di
ore superiore alla reputazione che mi guadagnerei ammettendo un simile
fatto.
W.S.
Agosto 1831.



IL RACCONTO DELLO SPECCHIO MISTERIOSO.

Lo specchio della zia.

«Ci sono volte in cui la Fantasia gioca i suoi tiri birboni, anche a
dispetto dei nostri sensi vigili, in cui in una sostanza reale, si
affaccia un'ombra, e l'ombra pare reale, in cui l'ampia, palpabile e
netta separazione 'tra ciò che è e che non è', sembra svanita, come se
l'occhio della mente acquistasse il potere di scrutare oltre i confini
del mondo esistente. Queste ore di sogni irreali io amo più di ogni
rozza realtà della vita.»
Anonimo.

Mia zia Margaret era una di quelle degne sorelle alle quali delegare
tutti i problemi e le preoccupazioni legati alla condizione di
genitori, con l'unica eccezione di quello che si accompagnava
all'ingresso dei figli in società. La nostra era una famiglia
numerosa, un insieme di temperamenti e caratteri quanto mai diversi
tra loro. Alcuni erano dei tipi cupi e scontrosi: questi venivano
spediti dalla zia Margaret perché si svagassero; altri erano
maleducati, vivaci e turbolenti: venivano dirottati dalla zia Margaret
perché se ne restassero tranquilli, o meglio, perché ci si potesse
togliere dalle orecchie il baccano che facevano; le si mandava chi era
indisposto con la prospettiva di ricevere le cure appropriate, e i
riottosi, nella speranza che il loro carattere fosse tenuto a freno
dalla garbata, ma ferma disciplina della zia Margaret; in breve, su di
lei pesavano tutte le incombenze di una madre, senza che godesse però
dell'autorità e della dignità proprie dell'essere madre. L'affollato
teatro dei suoi svariati compiti è ormai vuoto; dei bimbi malati e di
quelli robusti, dei gentili e dei turbolenti, degli scontrosi e dei
gioiosi che affollavano il suo salottino dalla mattina alla sera, ora
non è rimasto vivo nessuno eccetto me; e io che, afflitto da
un'infermità precoce, ero uno dei più delicati tra i cuccioli a lei
affidati, pure, tuttavia, sono sopravvissuto a tutti.
Ho ancora l'abitudine, e sarà così fino a che avrò l'uso delle gambe,
di andare a trovare questa mia degna congiunta almeno tre volte alla
settimana. La sua casa si trova a circa mezzo miglio dalla città nella
quale vivo; e vi si arriva non solo attraverso la strada maestra, da
cui non è molto lontana, ma anche per mezzo di un sentiero erboso che
si snoda lungo un grazioso prato. Sono talmente poche le cose che
ancora turbano la mia vita, che costituisce per me uno dei crucci
maggiori il sapere che alcuni di questi campi, una volta confiscati,
sono stati destinati ad aree edificabili. In quello più vicino alla
città, per diverse settimane c'è stato un viavai di carriole così
frenetico che, parola mia, tutta la sua superficie, per una profondità
di almeno quarantacinque metri, è stata caricata su queste carrette in
una sola volta, per venire smistata da un posto all'altro. Inoltre, in
varie parti della diletta casa padronale sono state erette enormi
cataste di assi di forma triangolare; e una piccola macchia di alberi
che ancora ne adorna l'estremità orientale, la quale si innalza su un
lieve pendio, ha appena ricevuto l'intimazione a sloggiare di lì sotto
forma di una pennellata di vernice bianca, e dovrà cedere il posto a
un singolare boschetto di camini.
Altri, forse, nella mia situazione si addolorerebbero al pensiero che
questa piccola distesa di pascoli un tempo apparteneva a mio padre (la
cui famiglia godeva di una certa considerazione tra la gente) e che
venne venduta a lotti per far fronte ai pignoramenti in cui era
incappato nel tentativo di recuperare il patrimonio diminuito per via
di speculazioni commerciali sbagliate. Mentre questo progetto edilizio
era in pieno svolgimento, la circostanza mi venne fatta notare spesso
da quel genere di amici che si preoccupano che neppure una briciola
delle tue disgrazie possa sfuggire alla tua attenzione. «Pascoli
simili - posti proprio al limite della città coltivati a rape e a
patate: i campi ne avrebbero prodotte venti libbre ad acro, e, se
affittati per costruire delle abitazioni, oh!, allora sarebbe stata
una miniera d'oro! E tutto venduto per quattro soldi, strappato al
vecchio proprietario!». Questi miei consolatori non possono indurmi ad
addolorarmi granché di tutto questo. Se mi fosse consentito di tornare
indietro, come d'incanto rinuncerei di buon grado al godimento delle
attuali rendite, e alla speranza dei profitti futuri, a favore di chi
ha acquistato quello che mio padre ha liquidato. Rimpiango la
trasformazione subita da quei terreni soltanto perché essa distrugge i
rapporti d'amicizia, e sarei più propenso, credo, a veder finire
Earl's Closes nelle mani di forestieri, purché conservino il suo
aspetto boscoso, piuttosto che saperla tutta mia, ma strappata
all'agricoltura, oppure disseminata di case. Provo le stesse
sensazioni del povero Logan:

«L'orrido aratro ha
cancellato il verde, là
dove ...