ZAOLI MARINA

Title:CIRILLO E LO GNOMO DISPETTOSO
Subject:ITALIAN FICTION Scarica il testo


GENITORI & FIGLI
Prima edizione: maggio 1996

Copyright 1996 Guaraldi/Gu.fo Edizioni S.r.l.
Via Covignano 302, 47900 Rimini

ISBN 88-8049-098-2


CIRILLO E LO GNOMO DISPETTOSO

MARINA ZAOLI



FAVOLA TERAPEUTICA

Con una introduzione di ALBERTO SPADONI



"C'è un significato più profondo nelle fiabe che mi furono narrate nella mia infanzia che nella verità qual è insegnata dalla vita."
Schiller, I Piccolomini, III,


INDICE

Introduzione di Alberto Spadoni

Cirillo e lo gnomo Dispettoso

Postfazione di Marina Zaoli


Introduzione di Alberto Spadoni *

Per capire come sia importante rinnovare il rito magico d'inventare e poi narrare una fiaba in un mondo, come quello attuale, così vicino agli oggetti e lontano dall'interiorità, è sufficiente ricordare che anche i bimbi che alla nascita hanno avuto la fortuna di godere di un'accoglienza adeguata ai loro delicatissimi bisogni, sia sul piano strettamente fisico che su quello emotivo, non possono tuttavia sottrarsi ad esperienze psichiche dolorose e mortificanti, quali possono essere, ad esempio, la precoce scoperta della propria identità, immaturità, piccolezza. Per un cuoricino pieno di rabbia e di dolore quale rime-dio potrebbe essere più efficace di una dolce ninna-nanna e poi di una fiaba? Sono l'equivalente figurato di una poppata data al momento giusto, di una pappa calda e nutriente. Ninne-nanne, pappe e fiabe hanno lo straordinario potere di volgere la pesante frustrazione della totale dipendenza infantile nell'esaltante esperienza dell'incontro con l'"oggetto del bisogno" in carne ed ossa.
Tanto è lungo e complicato il percorso della crescita che ogni bambino per giungere a possedere una prima idea di sé - per noi adulti il banale senso di esserci, di esistere come entità corporea - dovrà partire dall'immagine della madre nella quale, all'inizio, ha necessità di potersi total-mente identificare, come sostiene lo psicoanalista-pediatra più noto del nostro tempo, Winnicott. Dunque, fin oltre il primo semestre, il bambino si sentirebbe come una monade, un tutt'uno con quello che coglie della figura, della voce, dell'odore della madre, potendone così condividere in modo salutare bellezza, grandiosità, potenza e onniscienza: la qual cosa pare sia proprio fondamentale per "immagazzinare" una scorta di auto-stima sufficiente per l'intera esistenza e indispensabile da subito per l'imminente esordio del processo di separazione e prima individuazione.
Così il bambino si è visto esistere nella madre, poi da lei per gemmazione ha cominciato a delimitarsi, ora dovrà affrontare la grande prova del suo interiore disgiungersi con tutte le gioie e i dolori che accompagnano questa seconda nascita. La soddisfazione d'imparare a reggersi sulle gambotte, poi quella molto più eccitante di lasciare la mano della mamma per lanciarsi final-mente solo alla scoperta di nuovi spazi, di nuove figure, di nuove felicissime competenze. Ma è anche vero che proprio in questa fase dello sviluppo il bimbo prende coscienza con sgomento che pure la madre è separata, è indipendente da lui e può muoversi, uscire dalla stanza, dalla casa, sparire. Il rendersi conto che la parte più importante di sé, la più abile e più ricca, non è più controllabile, comporta per tutti i bambini una profonda ferita dell'amor proprio che può lasciare in alcuni tracce per lungo tempo.

Gli intensi sentimenti di amore-odio e di attrazione-rabbia che accompagnano questi accadimenti producono uno sdoppiamento della figura materna in una parte tutta buona, con funzioni protettive e soccorrevoli, ed una parte terribilmente "cattiva", abbandonica e persecutoria. Anche la vicenda personale della separazione, legata, come si sa, alla crescita, viene dal bambino esteriorizzata, proiettata nel mondo esterno e quindi vissuta come un attacco proditorio dei grandi sui piccoli. Si costituisce in questo modo lo scenario nel quale nasceranno le figure del "romanzo familiare", quelle della fiaba e del mito, il personaggio della strega contrapposto a quello della fata, l'orco come immagine negativa del padre buono e salvifico. La fiaba coglie tutti questi elementi allo stato nascente, li drammatizza e, per l'effetto catartico, li riordina in uno sviluppo più giusto e confortante.
Non si può non ricordare che gli elementi costitutivi del "dramma" della separazione non nascono soltanto dalla fantasia del bambino ma anche da cambiamenti dell'assetto familiare che i genitori sono costretti prima o poi ad operare. Infatti, il primo dolorosissimo esilio è quello dalla stanza dei genitori. Il bosco oscuro popolato da "presenze" misteriose ed inquietanti, attraversato da scricchiolii sinistri, è la stessa cameretta del bambino nelle notti insonni, ambiente reso ancor più temibile proprio dagli "strani" rumori che possono giungere dalla stanza dei genitori che questa congiuntura trasforma inevitabilmente in immagini estranee e "cattive". E per fortuna che ai nostri bambini non può capitare come al piccolo Chateubriand di essere sistemato nella torre dell'ala estrema del castello paterno!
Bene ha fatto, perciò, Marina Zaoli a porre al centro della sua bella favola il tema ricorrente del distacco del bimbo dalla sua mamma recuperando tutta l'angoscia che ne consegue, ma poi descrivendo in maniera poetica tutti i vantaggi che ne derivano per la sua crescita ed il suo affrancamento. A questo proposito è interessante notare che quando Cirillo, il piccolo e disarmato eroe della fiaba, sembra per sempre perduto a causa del rapimento, sorgono apparentemente dal nulla le preziose figure salvatrici che assomigliano molto ai lanosi compagni dell'angolo dei giochi, a quegli "oggetti transizionali" che fortunatamente accompagnano anche nella realtà ogni bimbo nel periglioso sentiero che attraversa la "terra di nessuno" posta fra il pianeta mater-no e quello personale. Nella fiaba di Marina Zaoli si rinnova felicemente la stretta vicinanza fra funzione genitoriale e funzione terapeutica che ritroviamo puntualmente nei trattamenti psicologici condotti in modo corretto. Una parentela che si potrebbe definire simbiotica, non solo perché le due funzioni si alimentano vicendevolmente, ma anche per il semplice motivo che l'una non può esistere senza l'altra, almeno nell'ambito della cura del dolore psichico, nelle sue molteplici manifestazioni che, in diversa misura, accompagnano tutta l'umana esistenza, dalla nascita alla morte.

* Neuropsichiatra e psicoanalista membro didatta della Società Psicoanalitica Italiana



CIRILLO E LO GNOMO DISPETTOSO
C'era una volta un bambino che si chiamava Ciro, ma era più spesso chiamato Cirillo o anche Cirillino, perché era biondino, mingherlino e con un ciuffo ribelle di capelli, tondo come un punto interrogativo, proprio in mezzo alla testa.
Ciro abitava in una bella casetta ai margini del bosco con il suo papà, la sua mamma e un cane di nome Lola, e sarebbe stato un essere felice se i grandi non lo avessero tormentato di continuo. Avrebbe giocato tutto il giorno, avrebbe smangiucchiato per pranzo e per cena qualche caramella, un cioccolatino o al massimo un gelato, senza perdere tempo a star seduto a tavola, poi avrebbe fatto nottata tranquillo, sul divano, a guardare la tv e dormito fino a mezzogiorno la mattina dopo.
Ma invece no! Tutto questo non andava bene e non facevano altro che rimproverarlo perché doveva mettere a posto i giocattoli, mangiare almeno tre volte al giorno, andare a letto proprio quando l'atmosfera diventava interessante e svegliarsi nel bel mezzo del sonno, altrimenti non faceva in tempo ad arrivare a scuola.
Per non parlare poi del fatto che nessuno voleva più tenerlo in braccio come prima e tutti cercavano di convincerlo a vestirsi, lavarsi e andare in bagno da solo, mentre lui voleva sempre la mamma dietro, per farsi aiutare a fare qualunque cosa.
Ciro mal accettava le innovazioni che tentavano di imporgli, per cui, più passava il tempo, più veniva rimproverato, ma, più lo rimproveravano, meno lui faceva.
Perché avrebbe dovuto fare tutto ciò che gli chiedevano, se stava tanto bene così?
In questo modo le giornate si susseguivano l'una all'altra, sempre tra richiami e discussioni, tanto che il vociare disturbò più di una volta un vecchio gnomo dispettoso, che si era costruito la casetta nel tronco cavo di un albero, proprio di fronte alla casa di Cirillo.
Questo gnomo era uno gnomo come tanti, cappello rosso, barba bianca, nasone e scarponi da montagna. Era abbastanza vecchio, aveva almeno 750 anni e, forse anche per questo, credeva di avere sempre ragione lui e di essere dotato di una incredibile saggezza, il che era vero in parte, ma non del tutto, perché in realtà era dispotico, rigido e criticone: non gli andava mai bene niente ed era convinto di essere praticamente perfetto e infallibile.
Un pomeriggio, dunque, il nostro gnomo, stanco di quei battibecchi, riuscì ad arrampicarsi fino alla finestra della cucina, per guardare cosa succedeva dentro.
Si nascose dietro alle tendine e, da quel suo punto di osservazione, seguì per un po' le vicende che si stavano svolgendo in casa. Naturalmente ebbe subito da ridire sul comportamento di Cirillo.
- Ah, bambinaccio, come si fa ad essere così viziati ed egoisti! Hai tutte le cose che si potrebbero desiderare! Sei appena nato e hai già una cameretta tutta per te, un letto caldo e morbido, tantissimi giocattoli, libri e videocassette, tutte le leccornie che desideri, tanta gente che si occupa di te e ...