BERRA ARCANGELO

Title:LA CROCIATA DEI FANCIULLI
Subject:ITALIAN FICTION Scarica il testo


GENITORI & FIGLI


Prima edizione aprile 1995

Copyright 1995 Guaraldi/Gu.fo Edizioni S.r.l.
Via Covignano 302, 47900 Rimini

ISBN 88-8049-036-2


ARCANGELO BERRA



LA CROCIATA DEI FANCIULLI
CRONACA DI UNA SACRA ILLUSIONE


Guaraldi-Aiep

Con una introduzione di FRANCO CARDINI


INDICE

Introduzione
Premessa
In cammino
Verso il passo
La partenza
Parla l'abate
I crociati di Francia
La discesa
La lingua
Sette grandi navi
Per freddo e per fame
Le messi e i frutti
Il naufragio
Notte al borgo
A Bellinzona
Venduti schiavi
La fame
Una crociata breve
La punizione
La diaspora
Il mare
Genova e Pisa
Venezia
Dal papa
L'ultimo tratto
Perché
Epilogo
Il voto



Introduzione di Franco Cardini

Ho cominciato a studiar le crociate attorno al 1963, dopo aver letto al riguardo qualche romanzo storico, aver ammirato a lungo le belle acqueforti di Gustave Doré edite nella versione italiana dell'Histoire des croisades del Michaud ch'erano uno dei pochi gioielli della nostra povera libreria di casa e dopo aver a lungo sognato l'Oriente. A quel tempo, viaggiare era ancora un lusso per pochi. Non sapevo, allora, che di quelle cose avrei continuato ad occuparmi per la vita.
Eppure le mie quattro figlie sanno delle crociate esattamente quello che sanno i loro coetanei: poche nozioni affrettate e qualche stereotipo calunnioso. Abbastanza bravo a raccontar storie e leggende in pubblico - è il mio mestiere di professore - in casa e con i miei cari vengo sempre colto da uno strano e penoso blocco emotivo. Come se mi vergognassi, dinanzi a persone abituate - e quanto! - a conoscere il peggio di me, come sempre suole accadere con i familiari, a esprimere anche quel che è invece, forse, il meglio.

Probabilmente avrei dovuto capire per tempo quello che l'amico Mario Guaraldi ha invece compreso molto bene: che per i timidi che vogliono raccontare storie, un libro è un bel paravento dietro il quale nascondersi, un alibi (quasi) perfetto; e, quanto ai bambini e ai ragazzi, è inutile regalar loro dei libri. Se si tratta di cose illustrate o a colori, passi: ma non vincono comunque mai il duello con la Tv. Guai però a far loro dono di roba troppo scritta: non la guardano neppure.
Fate però un esperimento: aprite il libro con loro, e leggetelo; fate il viaggio dell'avventura insieme con loro. Io ci ho provato poche volte, non ho avuto ohimè "il tempo" (che pena...) e la costanza di farlo: eppure ricordo che i risultati c'erano. Vorrei riprovarci adesso con il mio nipotino Dario, di quattro anni: ma siamo stati insieme fino ad ora e non l'ho fatto; adesso che vorrei farlo, abitiamo in luoghi diversi. Così va il mondo, purtroppo. L'inferno è lastricato di buone intenzioni, il purgatorio di rimpianti.
Ma bando alle malinconie. Mario Guaraldi vuole stavolta, da me, quasi una certificazione notarile. Lo accontento subito. Attesto come storico delle crociate che le incredibili avventure narrate in questo libro corrispondono a una verità storica attentamente e accuratamente ricostruita, anche se, per forza di cose, riscritta in termini di racconto e ornata quindi di qualche peraltro sobrio, ma piacevole, colore di romanzo. Spingo la mia attenzione e la mia onestà intellettuale fino ad aggiungere che proprio lì, dove l'autore si addentra in qualche particolare di vita quotidiana o in qualche tentativo di esprimere sentimenti, si cela forse storicamente parlando il pericolo più grave. Riferire con esattezza fatti e vicende politiche o economiche o sociali del passato è relativamente facile, ricostruire ambienti, situazioni e moti dell'animo è di una disperante difficoltà. Ma è l'alea da correre se si vuol parlare di storia in questo modo, se la si vuole far amare, se si vuole che i ragazzi ci si appassionino. Anche per noi che abbiamo scelto il "mestiere di storico", in fondo, sono state, almeno sulle prime, più determinanti poche pagine di Scott, o di Hugo, o di Manzoni - ed ebbene sì, anche di Salgari - a parte ben inteso un Dumas o un Tolstoi (parlo delle letture generazionali di un adolescente di quarant'anni or sono, attenzione!) che non le dotte disquisizioni degli studiosi ch'erano davvero - e soltanto - tali. Un solo dubbio ce l'ho sull'effettiva natura di quei "bambini" della crociata del 1212. Il latino pueri è ambiguo: può significare certo "fanciulli", ma anche "ragazzi" o addirittura "ragazzacci", "giovinastri", "teppisti", qualcosa come le bande degli hooligans. Arcangelo Berra ha scelto però la strada che va più dritta al nostro cuore, e che forse meglio coglie la ragione per la quale queste antiche vicende ancor oggi ci affascinano e ci impietosiscono. In un'Europa ruvida e violenta, negli stessi anni nei quali in Provenza si consuma la tragedia di una crociata contro i cristiani accusati tuttavia di esserlo in modo diverso da come teologia e disciplina ecclesiastica insegnano, mentre le strade dell'Italia centrale sono già percorse da un giovane assisano, Francesco figlio di Bernardone, che vorrebbe spingersi in pelligrinaggio verso Santiago di Galizia e che, dopo aver sognato la gloria cavalleresca, segue ora le orme di Gesù povero e crocifisso; in quel modo si svolge l'avventura dei bambini che sognano di arrivare a piedi asciutti a Gerusalemme, come la gente di Mosè atttraversò il Mar Rosso, e di salvare il genere umano convertendolo.
Li vediamo ancora, quei bambini. Sono sotto i notri occhi. Dalla Bosnia alla Somalia, al Ruanda fino alle bidonvilles, ai campi nomadi e agli slums che vegetano come arbusti selvatici ai margini dell'opulenta Megalopoli. Dappertutto vediamo questi bambini crociati, questi Innocenti, vittime di antichi e nuovi Erodi, di vecchie e di nuovissime stragi: li vediamo umiliati, violentati, sfruttati, ridotti a oggetto di piacere o costretti a diventar anzitempo guerrieri o spacciatori di droga. Il nostro mondo postmoderno e ipertecnologicizzato si rende continuamente reo del crimine per il quale Gesù invoca la pena della ruota della macina: la civiltà del piacere, del consumo e - orrido paradosso - delle altisonanti Carte dei Diritti, la civiltà per la quale, a chiacchiere, perfino gli animali e le piante hanno diritti, è una civiltà di infanticidi.
Non diciamola subito e tutta, quest'atroce verità, ai nostri bambini amati, vitaminizzati e coccolati. Lasciamo che si godano la loro bella e dolce infanzia, quella cui tutti i bambini del mondo avrebbero forse diritto. Ma non dimentichiamo di nutrirli non solo di dolci e di carezze, ma anche di belle storie come questa dei piccoli crociati raccontati da Arcangelo Berra. Facciamolo anche nel nome di quegli altri bambini, quelli che ci chiedono l'elemosina agli angoli della strada e per i quali non sempre troviamo un sorriso e un soldino. E che Dio ci perdoni, noialtri occidentali padroni del mondo, per aver conosciuto Gesù Cristo e aver scelto Erode.


A monsignor Piero Zerbi per le sue lezioni indimenticabili


Premessa

Nell'estate del 1212 ci fu un grande movimento di popolo: dalla Germania e dalla Francia gli abitanti di interi villaggi si mossero dicendo di dover andare a liberare la Terra Santa, anzi di voler andare in Terra Santa che era stata data loro in eredità, una terra da abitare, da conquistare o liberare dagli infedeli solo con la potenza di Dio. Una strana crociata, quindi. La notizia o la visione diretta dell'improvviso mettersi in cammino di intere comunità di poveri, in cui i più attivi ed entusiasti erano i ragazzi (e per questo fu chiamata "Crociata dei Fanciulli"), dovette colpire non poco l'attenzione di chi registrava, anno per anno, i fatti più importanti della città o del convento, e l'impressione fu ancora più grande quando si seppe, solo alcuni mesi più tardi, che molti di loro erano morti miseramente durante il viaggio e che solo pochi erano tornati alle loro case: più di quaranta tra cronache e annali, scritti in luoghi lontani tra loro, dalla Normandia all'Austria, riportano quest'impresa, prestando ovviamente attenzione ai fatti che riguardavano più da vicino la propria città o regione. In Italia, terra in cui era abituale il passaggio di eserciti e di pellegrini diretti alla Terra Santa, i cronisti di due città, Piacenza e Genova, registrano il passaggio di questi particolari crociati. Anche Sicardo, vescovo di Cremona (1155-1215), documenta l'impresa raccontandola brevemente nel suo Chronicon. Meraviglia e condanna: questi i sentimenti dei cronisti. Meraviglia per questo movimento di popolo e per il fervore religioso e condanna perché non ubbidiscono alle autorità della Chiesa che tentano di dissuaderli, quelle autorità che uniche si preoccupano dei poveri. Nelle cronache d'Oltralpe si legge anche ostilità nei confronti degli italiani che non aiutano e non sfamano questi poveri e che approfittano della loro fame per ridurli in servitù, anche se le nostre popolazioni erano loro stesse affamate e avevano buoni motivi per essere diffidenti e ostili verso questi tedeschi arrivati senza provviste e senza soldi, pieni di piaghe come appestati e in cammino come un'orda di barbari. Questo libro è un romanzo e un saggio storico. Romanzo perché gli scarsi e scarni dialoghi sono per la maggior parte ...