SHELLEY MARY WOLLSTONECRAFT

Title:FRANKENSTEIN
Subject:ENGLISH FICTION Scarica il testo


E N N E S I M A
Grandi classici
Giovani traduzioni

Prima edizione: gennaio 1995 (c) 1995 by Guaraldi/Gu.Fo Edizioni s.r.l. Via Covignano 302, 47037 Rimini
ISBN 88-8049-013-3

Shelley

Frankenstein
ovvero il Prometeo moderno

Traduzione e cura di Alessandro Ceni

Guaraldi


INDICE

7 Introduzione di Alessandro Ceni

Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno

13 Prefazione 17 Lettere 41 Capitolo primo 49 Capitolo secondo 57 Capitolo terzo 67 Capitolo quarto 77 Capitolo quinto 87 Capitolo sesto 97 Capitolo settimo 111 Capitolo ottavo 123 Capitolo nono 131 Capitolo decimo 139 Capitolo undicesimo 149 Capitolo dodicesimo 157 Capitolo tredicesimo 165 Capitolo quattordicesimo 173 Capitolo quindicesimo 185 Capitolo sedicesimo 197 Capitolo diciassettesimo 205 Capitolo diciottesimo 215 Capitolo diciannovesimo 225 Capitolo ventesimo 237 Capitolo ventunesimo 251 Capitolo ventiduesimo 263 Capitolo ventitreesimo 273 Capitolo ventiquattresimo

INTRODUZIONE
di Alessandro Ceni

Secondo la popolazione africana Nuer, delle cui abitudini riferisce l'antropologo E. E. Evans-Pritchard, i neonati in seno alla tribù che presentano gravi ed evidenti malformazioni fisiche sono ritenuti piccoli di ippopotamo nati per errore tra gli uomini; e in quanto cuccioli di ippopotamo vengono abbandonati in prossimità dei grandi fiumi. Quest'usanza e questo atteggiamento nei confronti del Monstrum mi sono tornati in mente a un certo punto del mio lavoro di traduzione sulla celeberrima opera della Shelley. Ho avuto cioè l'impressione che la creatura fabbricata dal "filosofo naturalista" ginevrino possedesse di per sé e in sé tutti i germi della propria distruzione corporea, spirituale e morale. Voglio dire che la creatura di Frankenstein nasce al mondo sbagliata ed è immediatamente identificata col mostro, colui che è contro, suo malgrado, l'ordine naturale, sociale, culturale degli uomini; diventa, anzi, ontologicamente l'estraneo.
Lo sciagurato essere voluto da Frankenstein nel corso del racconto è simbolicamente trasformato - nella vana possibilità di giungere alla normalità, di venire accettato dal consesso umano e nel contempo di "imitare" i passaggi evolutivi della specie che lo rifiuta - da gigantesco feto in neonato, in bambi-no, in adolescente e, di botto con la scoperta del dolore, in adulto, stadio da cui poi, nel finale, consegue l'ulteriore trasformazione morale da innocente a peccatore e quindi a essere diabolico. A lui, simulacro bio-reietto, ippopotamo che doveva essere abbandonato nel fiume (cioè, che mai

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avrebbe dovuto essere concepito), a lui toccherà il compito di coprire la parabola strana di Adamo e di Lucifero.

Notissima è l'occasione che portò Mary Godwin (1797-1851), moglie di P. B. Shelley, alla composizione di questo testo, che va una volta per tutte riconosciuto come il capostipite dell'autentica "fiaba di paura" moderna, del racconto d'orrore nato da una costola del romanzo gotico anglo-germanico della metà del Settecento e i primi Ricordiamola, comunque, nuovamente sia per il suo fascino sia per rammentare il clima culturale in cui nacque. L'idea di Frankenstein sorse nella mente della Shelley durante l'estate del 1816, quand'ella si trovava assieme al marito e agli amici Byron e William Polidori sulle rive del lago di Ginevra. Costretti dal maltempo a rimanere in casa, a Villa Diodati, per qualche giorno, s'ingegnarono a passare il tempo; e così una sera Byron propose agli amici di cimentarsi nella stesura di una Ghost Story. La Shelley - come racconta ella stessa nella prefazione definitiva del libro, la Standard Novels Edition del 1831 a cui la nostra traduzione si attiene - in seguito a un incubo concepì la trama del suo racconto e dei quattro amici ella fu l'unica a portare in fondo l'impresa. Il marito la incoraggiò ad ampliare il racconto e Frankenstein o il Prometeo moderno venne pubblicato all'inizio del 1818 con una prefazione anonima datata settembre 1817 ma in realtà di P. B. Shelley.
Molti sono i nomi degli autori che possono esser fatti quali ispiratori del lavoro della Shelley e la critica specializzata ne ha già dato ampio spettro (da Codillac a Locke, da Godwin a Milton, da Coleridge a Beckford a madame de Genlis), oltre alle suggestioni di certi philosophes materialisti del Settecento, che avevano compiuto ricerche e tentativi di costruzione di figure automate, e all'influsso evidente della leggenda ebraica del Golem. E molti e già ricordati sono i nomi di coloro che dal Frankenstein direttamente o indirettamente hanno ereditato qualcosa (Poe, Verne, Wells), ed è merito della Shelley la creazione del moderno genere di romanzo fan-8

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tastico nel quale horror, fantascienza e suspence si fondono. Dobbiamo pertanto concludere che è una donna ad iniziare il genere, come furono le donne a dar a quello del romanzo d'amore.

Frankenstein è spaccato in due metà. Nella prima la creatura frankensteiniana è il bambino, è il selvaggio, è il demente ed è, in una parola, l'innocente; così a noi si manifesta nel momento in cui prova per la prima volta il dolore e ha coscienza della propria infelicità. E allora il protagonista-antagonista della prima metà del racconto - che, per il 1818, strutturalmente contiene già quattro narrazioni in una (quella epistolare di Walton alla fidanzata; quella di Frankenstein a Walton; quella della creatura di Frankenstein a Frankenstein; quella dei cottagers, cioè degli abitanti della casetta presso i quali a loro insaputa ripara, origliata dalla creatura) - è indubbiamente il concentrato del mostro, cioè del diverso, che col suo sacrificio ci insegna (insegna a noi lettori) a dover amare gli afflitti e gli infelici, tutti coloro che fisicamente, psichicamente, socialmente, culturalmente non dovrebbero mai nascere. I momenti topici di questo exemplum romantico si svolgono e agiscono infatti tra montagne di ghiaccio, neve, gelo, mari freddissimi e desolate solitudini atmosferiche in cui la vita è come sospesa ovvero annullata (grandi, magnifici ed esagerati paragoni sono gli oceani immobili, rarefatti e distratti della Ballata del vecchio marinaio di Coleridge e del Gordon Pym di Poe, antenato il primo e discendente il secondo del "frost" montano e marino dove il prometeico essere della Shelley si aggira ed è "insensibile").
Nella seconda metà - cioè da quando la creatura scopre casualmente tre libri fondamentali: Il Paradiso perduto di Milton, Le Vite di Plutarco, I dolori del giovane Werther di Goethe; testi tutti che agiscono sentimentalmente sulla coscienza in formazione dell'infante-gigante - il presunto automa compie rapidissimamente una serie di passaggi prima evolutivi e poi degenerativi che lo portano a trasformarsi in uno di quegli esseri posti tra il cielo e la terra e dotati di forza,

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resistenza fisica, abilità, astuzia e intuito sovrannaturali o, meglio, sovrumani, ché posseggono capacità ferine e qualità angeliche ignote all'uomo (in particolare occidentale postilluminista e pre-colonialista). Contro tutto si coalizza: la natura, il consesso umano, le forze ctonie, il suo stesso creatore, che si fa cavaliere delle potenze benefiche ed è guidato e aiutato dagli spiriti dei propri defunti nella caccia al mostro. Nei capitoli conclusivi lo scienziato Frankenstein compie una sorta di viaggio mistico, attraversando le stazioni della fame, del freddo, della sete, del tormento spirituale, per espiare la colpa di aver dato vita a ciò che vita non doveva avere; e giunge, nelle raccomandazioni date in punto di morte al capitano Walton, a suggerire un vero e proprio esorcismo nel quale si devono invocare i nomi delle vittime del mostro, nel contempo opponendo strenua resistenza al suo eloquio e alla sua astuzia. È evidente quindi che si vuole mutare l'iniziale orrore per l'ibrido nel totale rigetto anatomo-spirituale per il totalmente estraneo, cioè per il nemico eccellente della nostra tradizione, il diavolo. Ma il tentativo resta soltanto in emblema, ché è ancor più evidente che se il dottor Franken-stein è il potente creatore di un homunculus prefaustiano, ed è, nel suo piccolo, un dio (che subisce la rivolta del suo angelo ribelle, del suo Adamo-King Kong) non è null'altro che il dio fallito della scienza e di una precisa concezione di essa. La minaccia al senso stesso sulla terra proviene dalla pretesa scientifica di Frankenstein, a sua volta luciferina (portatrice di luce) e prometeica (sottrattrice del fuoco) comparsa su una scena divina che lo contiene.

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PREFAZIONE

L'evento su cui si basa questo romanzo è stato ritenuto non impossibile dal dottor Darwin e da taluni studiosi di fisiologia tedeschi. Non si supponga però che io accordi a una simile fantasia la benché minima fede; tuttavia, prendendola a fondamento di d'immaginazione, non mi sono semplicemente limitata a comporre una trama di orrori sovrannaturali. L'evento dal quale dipende l'interesse della storia è esente dai difetti del comune racconto di spettri o di incantesimi; esso si raccomanda per la novità delle situazioni che elabora e, per quanto impossibile come realtà fisica, fornisce all'immaginazione per delineare le umane passioni un punto di vista più esauriente e autorevole di quello concesso dai banali rapporti di casi esistenti.
Mi sono quindi sforzata di preservare la verità dei principi elementari della natura umana, mentre non ho avuto scrupolo di innovare la loro varietà. L'Iliade, il poema tragico della Grecia, Shakespeare nella Tempesta e nel Sogno di una notte di mezza estate e soprattutto Milton nel Paradiso perduto si attengono a questa regola; e il più umile tra i narratori, che ...