COLLODI (LORENZINI CARLO)

Title:BARBA-BLU
This text will be replaced
Subject:ITALIAN MISCELLANEOUS WRITINGS Scarica il testo


Barba-blu
di Carlo Collodi

una volta un uomo, il quale aveva palazzi e ville principesche, e piatterie d'oro e d'argento, e mobilia di lusso ricamata, e carrozze tutte dorate di dentro e di fuori.
Ma per sua disgrazia, aveva la barba blu: e questa cosa lo faceva così brutto e spaventoso, che non c'era donna, ragazza o maritata, che soltanto a vederlo, non fuggisse a gambe dalla paura.
Fra le sue vicinanti, c'era una gran dama, la quale aveva due figlie, due occhi di sole. Egli ne chiese una in moglie, lasciando alla madre la scelta di quella delle due che avesse voluto dargli: ma le ragazze non volevano saperne nulla: e se lo palleggiavano dall'una all'altra, non trovando il verso di risolversi a sposare un uomo, che aveva la barba blu. La cosa poi che più di tutto faceva loro ribrezzo era quella, che aveva sposato diverse donne e di queste non s'era mai potuto sapere che cosa fosse accaduto.
Fatto sta che Barba-blu, tanto per entrare in relazione, le menò, insieme alla madre e a tre o quattro delle loro amiche e in compagnia di alcuni giovinotti del vicinato, in una sua villa, dove si trattennero otto giorni interi. E lì, fu tutto un metter su passeggiate, partite di caccia e di pesca, balli, festini, merende: nessuno trovò il tempo per chiudere un occhio, perché passavano le nottate a farsi fra loro delle celie: insomma, le cose presero una così buona piega, che la figlia minore finì col persuadersi che il padrone della villa non aveva la barba tanto blu, e che era una persona ammodo e molto perbene. Tornati di campagna, si fecero le nozze.
In capo a un mese, Barba-blu disse a sua moglie che per un affare di molta importanza era costretto a mettersi in viaggio e a restar fuori almeno sei settimane: che la pregava di stare allegra, durante la sua assenza; che invitasse le sue amiche del cuore, che le menasse in campagna, caso le avesse fatto piacere: in una parola, che trattasse da regina e tenesse dappertutto corte bandita.
«Ecco», le disse, «le chiavi delle due grandi guardarobe: ecco quella dei piatti d'oro e d'argento, che non vanno in opera tutti i giorni: ecco quella dei miei scrigni, dove tengo i sacchi delle monete: ecco quella degli astucci, dove sono le gioie e i finimenti di pietre preziose: ecco la chiave comune, che serve per aprire tutti i quartieri. Quanto poi a quest'altra chiavicina qui, è quella della stanzina, che rimane in fondo al gran corridoio del pian terreno. Padrona di aprir tutto, di andar dappertutto: ma in quanto alla piccola stanzina, vi proibisco d'entrarvi e ve lo proibisco in modo così assoluto, che se vi accadesse per disgrazia di aprirla, potete aspettarvi tutto dalla mia collera.»
Ella promette che sarebbe stata attaccata agli ordini: ed egli, dopo averla abbracciata, monta in carrozza, e via per il suo viaggio.
Le vicine e le amiche non aspettarono di essere cercate, per andare dalla sposa novella, tanto si struggevano dalla voglia di vedere tutte le magnificenze del suo palazzo, non essendosi arrisicate di andarci prima, quando c'era sempre il marito, a motivo di quella barba blu, che faceva loro tanta paura. Ed eccole subito a sgonnellare per le sale, per le camere e per le gallerie, sempre di meraviglia in meraviglia. Salite di sopra, nelle stanze di guardaroba, andarono in visibilio nel vedere la bellezza e la gran quantità dei parati, dei tappeti, dei letti, delle tavole, dei tavolini da lavoro, e dei grandi specchi, dove uno si poteva mirare dalla punta dei piedi fino ai capelli, e le cui cornici, parte di cristallo e parte d'argento e d'argento dorato, erano la cosa più bella e più sorprendente che si fosse mai veduta. Esse non rifinivano dal magnificare e dall'invidiare la felicità della loro amica, la quale, invece, non si divertiva punto alla vista di tante ricchezze, tormentata, com'era, dalla gran curiosità di andare a vedere la stanzina del pian terreno.
E non potendo più stare alle mosse, senza badare alla sconvenienza di lasciar lì su due piedi tutta la compagnia, prese per una scaletta segreta, e scese giù con tanta furia, che due o tre volte ci corse poco non si rompesse l'osso del collo.
Arrivata all'uscio della stanzina, si fermò un momento, ripensando alla proibizione del marito, e per la paura dei guai, ai quali poteva andare incontro per la sua disubbidienza: ma la tentazione fu così potente, che non ci fu modo di vincerla. Prese dunque la chiave, e tremando come una foglia aprì l'uscio della stanzina.
Dapprincipio non poté distinguere nulla perché le finestre erano chiuse: ma a poco a poco cominciò a vedere che il pavimento era tutto coperto di sangue accagliato, dove si riflettevano i corpi di parecchie donne morte e attaccate in giro alle pareti. Erano tutte le donne che Barba-blu aveva sposate, eppoi sgozzate, una dietro Se non morì dalla paura, fu un miracolo: e la chiave della stanzina, che essa aveva ritirato fuori dal buco della porta, le cascò di mano.
Quando si fu riavuta un poco, raccattò la chiave, richiuse la porticina e salì nella sua camera, per rimettersi dallo spavento: ma era tanto commossa e agitata, che non trovava la via a pigliar fiato e a rifare un po' di colore.
Essendosi avvista che la chiave della stanzina si era macchiata di sangue, la ripulì due o tre volte: ma il sangue non voleva andar via. Ebbe un bel lavarla e un bello strofinarla colla rena e col gesso: il sangue era sempre lì: perché la chiave era fatata e non c'era verso di pulirla perbene: quando il sangue spariva da una parte, rifioriva subito da quell'altra.
Barba-blu tornò dal suo viaggio quella sera stessa, raccontando che per la strada aveva ricevuto lettere, dove gli dicevano che per il quale si era dovuto muovere da casa, era stato bell'e accomodato e in modo vantaggioso per lui.
La moglie fece tutto quello che poté per dargli ad intendere che era oltremodo contenta del suo sollecito ritorno.
Il giorno dipoi il marito le richiese le chiavi: ed ella gliele consegnò: ma la sua mano tremava tanto, che esso poté indovinare senza fatica tutto l'accaduto.
«Come va», diss'egli, «che fra tutte queste chiavi non ci trovo quella della stanzina?»
«Si vede», ella rispose, «che l'avrò lasciata disopra, sul mio tavolino.»
«Badate bene», disse Barba-blu, «che la voglio subito.»
Riuscito inutile ogni pretesto per traccheggiare, convenne portar la chiave. Barba-blu, dopo averci messo sopra gli occhi, domandò alla moglie:
«Come mai su questa chiave del sangue?».
«Non lo so davvero», rispose la povera donna, più bianca della morte.
«Ah! non lo sapete, eh!», replicò Barba-blu, «ma lo so ben io! Voi siete voluta entrare nella stanzina. Ebbene, o signora: voi ci entrerete per sempre e andrete a pigliar posto accanto a quelle altre donne, che avete veduto là dentro.»
Ella si gettò ai piedi di suo marito piangendo e chiedendo perdono, con tutti i segni di un vero pentimento, dell'aver disubbidito. Bella e addolorata com'era, avrebbe intenerito un macigno: ma Barba-blu aveva il cuore più duro del macigno.
«Bisogna morire, signora», diss'egli, «e subito.»
«Poiché mi tocca a morire», ella rispose guardandolo con due occhi tutti pieni di pianto, «datemi almeno il tempo di raccomandarmi a Dio.»
«Vi accordo un mezzo quarto d'ora: non un minuto di più», replicò il marito.
Appena rimasta sola, chiamò la sua sorella e le disse:
«Anna», era questo il suo nome, «Anna, sorella mia, ti prego, sali su in cima alla torre per vedere se per caso arrivassero i miei fratelli; mi hanno promesso che oggi sarebbero venuti a trovarmi; se li vedi, fa' loro segno, perché si affrettino a più non posso».
La sorella Anna salì in cima alla torre e la povera sconsolata le gridava di tanto in tanto:
«Anna, Anna, sorella mia, non vedi tu apparir nessuno?».
«Non vedo altro che il sole che fiammeggia e l'erba che verdeggia.»
Intanto Barba-blu, con un gran coltellaccio in mano, gridava con quanta ne aveva ne' polmoni:
«Scendi subito! o se no, salgo io».
«Un altro minuto, per carità» rispondeva la moglie.
E di nuovo si metteva a gridare con voce soffocata:
«Anna, Anna, sorella mia, non vedi tu apparir nessuno?».
«Non vedo altro che il sole che fiammeggia e l'erba che verdeggia.»
«Spicciati a scendere», urlava Barba-blu, «o se no salgo io.»
«Eccomi» rispondeva sua moglie; e daccapo a gridare:
«Anna, Anna, sorella mia, non vedi tu apparir nessuno?».
«Vedo» rispose la sorella Anna «vedo un gran polverone che viene verso questa parte...»
«Sono forse i miei fratelli? »
«Ohimè no, sorella mia: è un branco di montoni.»
«Insomma vuoi scendere, sì o no?», urlava Barba-blu.
«Un'altro momentino» rispondeva la moglie: e tornava a gridare:
«Anna, Anna, sorella mia, non ...