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Strada Annalisa
Title:UNA NONNA DA EDUCARE
Subject:FICTION
ANNALISA STRADA
UNA NONNA DA EDUCARE
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Indice
Un viaggio improvviso (capitolo)
In ritardo per la cena (capitolo)
° Parte prima - Il primo giorno (parte)
L’arrivo della nonna (capitolo)
Una nonna a scuola (capitolo)
Pranzo e dopopranzo (capitolo)
A cosa servono gli amici (capitolo)
Faccia da poker (capitolo)
La notte dei rumori (capitolo)
° Parte seconda - Secondo giorno (parte)
Il mattino ha l’oro in bocca (capitolo)
Tra tattoo e tabù (capitolo)
Mai più in motorino! (capitolo)
La notte delle chiacchiere (capitolo)
° Parte terza - Terzo giorno (parte)
Una vera sorpresa (capitolo)
Grazie, nonna (capitolo)
Una festa per tanti (capitolo)
Tre giorni da leoni (capitolo)
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Personaggi
papà Amilcare Pardi
mamma Brunella Pardi
Carlotta - 13 anni
Dario - 11 anni
nonna Erminia - 70 anni
Amichetto di Carlotta: Guido
Amica-nemica di Carlotta: Francesca
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UNA NONNA DA EDUCARE
Un viaggio improvviso
“Bambini! Bambini? …Dove siete?”
La mamma, salendo al primo piano, chiamava con il tono di chi non riuscirà nemmeno per mezzo minuto di più a tenere per sé quello che deve comunicare.
“Sono qui…” la prima risposta, strascicata e svogliata, venne da Carlotta. La sua camera era l’ultima in fondo al corridoio e la porta segnava un’area off-limits. Proprio per questo motivo aveva risposto subito: per prevenire l’intrusione materna, che altrimenti sarebbe stata inevitabile. E, comunque, se la mamma era pure autorizzata a mettere piede per qualche istante nella cameretta, era tassativamente proibito che ci entrasse quel marmocchio di Dario. Lui, dal canto suo, scattò come una molla e apparve in corridoio: “Siamo qui! Che c’è?”
“State facendo i compiti?” la mamma non riusciva mai ad astenersi dal fare la madre: i compiti, i denti lavati, i vestiti e i capelli a posto erano i suoi imperativi. Poi venivano la buona educazione e, scendendo nella graduatoria delle sue emergenze, gli amici: simpatici, per bene e affidabili. O niente. Al sesto posto era l’ordine in camera, al settimo la collaborazione domestica e all’andamento della casa, all’ottavo la passeggiata del cane. La nona postazione era saldamente occupata dalle feste di compleanno e, tragicamente all’ultimo posto della top ten, era abbandonata la preparazione dei pasti. Con tutta probabilità, la snellezza che caratterizzava tutta la famiglia era da attribuire proprio alla scarsa attitudine della mamma ai fornelli.
“Sì! Certo! Stiamo facendo i compiti!” rispose Dario con un entusiasmo sincero. Lui era così: se la giornata era buona, prendeva molto a cuore i suoi impegni e ci si appassionava.
“Non sarai mica salita chiamandoci con quel tono per chiedere solo questo?!” la provocò Carlotta, arrivando pigramente fin sulla soglia del suo regno. “E siamo solo all’inizio dell’anno scolastico, quanto credi che ci diano da fare? Un ripassino, no?”
Ultimamente, a Carlotta piaceva usare un tono provocatorio. In famiglia, a eccezione di Carlotta medesima, tutti si erano rassegnati a considerare che fosse effetto dei tredici anni appena compiuti.
Dario, di due anni più piccolo, non solo era una spanna più basso della sorella, ma aveva mantenuto il carattere dolce e aperto dell’infanzia.
Forse proprio per questo, dire che fratello e sorella andavano d’accordo, sarebbe stata un’esagerazione, ma si capivano da buoni amici e – quando serviva – sapevano essere solidali. Anzi, complici.
“Non volevo chiedervi solo questo” ribatté la mamma senza perdere la pazienza, “intendevo anche parlarvi di una questione molto importante.”
Negli occhi dei suoi figli lesse un interesse più vivo. E, le parve, nello sguardo di Dario, anche un po’ di preoccupazione.
“Ma non stiamo qui, in piedi, in mezzo al corridoio” proseguì. “Andiamo da basso. Credo che il tè sia quasi pronto.”
“Deve essere qualcosa di tremendo se ha richiesto la preparazione del tè!” osservò Dario.
“Certo: nei momenti cruciali ci vuole qualcosa… di forte da bere!” ironizzò Carlotta.
“Vi stupirò, ma so che sarete contenti” li incoraggiò la madre saltellando giù per le scale. Aveva sempre mantenuto quel modo da ragazzina di salire e scendere i gradini.
In cucina, la teiera verde fumava e le tazze erano già sistemate ai loro posti: quella blu per Carlotta, quella gialla per Dario e quella rossa per la mamma. Avevano sempre scelto le tazze in base al colore, anche se erano di fogge diverse. Papà ne aveva una rosa carico che gli piaceva tantissimo. Ma siccome lui non c’era, rimase al suo posto sullo scolapiatti.
Fratello e sorella occuparono due sedie vicine e la mamma prese posto di fronte a Carlotta.
Senza dire niente, dopo un attimo si alzò per versare il tè, mettere in tavola la scatola dei biscotti, sistemare le fettine di limone e, per ultimo, portare lo zucchero.
“Allora?” chiese Dario.
Anche Carlotta fremeva nell’attesa, ma si limitava a rimescolare il suo tè. Rigorosamente senza zucchero. Non voleva mica ingrassare, lei!
“Bene, la notizia è bella: papà farà una mostra di quattro settimane presso l’ambasciata italiana in Tunisia!”
“Caspita!” si entusiasmò Dario. “Questa sì che è una notizia!”
“Ma allora è un artista davvero!” La frase di Carlotta avrebbe potuto suonare antipatica, ma la disse con un tale candore che non vi fu dubbio: la sua era ammirazione nascosta dietro un velo di stupore profondo. Forse non aveva mai pensato prima a suo padre come a un fotografo vero. Se ne stava nel suo studio per giorni e giorni e loro non capivano esattamente che cosa facesse. In casa avevano tanti quadri e molte elaboratissime fotografie, ma nemmeno una delle sue opere.
“E quando sarà?” riprese Dario.
“Questo è il punto. Tenevamo molto a questo appuntamento e quando ce lo hanno proposto, non abbiamo voluto perdere l’occasione…”
“Mamma… Arriva al sodo!” la incalzò Carlotta.
“Partiamo domani mattina.”
“Domani?!” la domanda arrivò all’unisono.
“Ma, allora… veniamo anche noi!” concluse Dario affrettatamente.
“Ma, allora… papà fa solo da tappabuchi” fu la più amara deduzione di Carlotta.
“No per Dario e no anche per Carlotta” sbottò la mamma per riprendere le fila della conversazione.
“Innanzitutto, papà non fa da tappabuchi. Semplicemente, non era arrivata la prima comunicazione: l’esposizione è programmata da almeno due mesi. E, purtroppo, non vi possiamo portare con noi.” Guardò il faccino deluso di Dario e ne comprese tutto il dispiacere. Per non farli troppo soffrire e per non stare male a sua volta, aggiunse qualche dettaglio. “L’ambasciata paga solo due biglietti e non possiamo permetterci una vacanza per tutti proprio adesso. Papà rimarrà a Tunisi per poco più di un mese e cioè per tutta la durata della mostra. Io andrò solo per l’allestimento: in tre giorni sarà tutto fatto. Vado, provvedo e torno.” Sorrise nella speranza di averli convinti, anche se non ci contava del tutto.
“E noi?” la preoccupazione di Dario cresceva in maniera palpabile. Aveva persino cominciato a mangiucchiarsi le unghie, come faceva sempre quando il nervosismo lo assaliva.
“Voi… voi state con nonna Erminia!”
Questa sì che era una notizia. E, infatti, i loro visini ripresero colore e gli sguardi si tinsero di un nuovo calore.
“Che bello! Non la vediamo da tanto tempo…”
“Ma quando arriva?”
Era chiaro che, finché non avesse visto la nonna in carne e ossa, seduta a quel tavolo, Dario non si sarebbe sentito tranquillo.
“Arriverà stasera” spiegò la mamma. “La aspettiamo per cena. Anzi, bisogna preparare qualcosa. Mi aiutate a cucinare?”
“Io voglio le cotolette alla valdostana!” saltò su Dario, che per il suo piatto preferito avrebbe fatto qualunque cosa. E, poi, considerava quella leccornia un risarcimento dovuto per il fatto di dover rimanere a casa mentre papà e mamma si godevano quello spasso imprevisto.
“Io vado a finire i compiti… Almeno intanto che la cucina è ancora abbastanza in ordine perché si capisca dov’è la porta!” Carlotta non tollerava i maldestri tentativi familiari di allestire un pasto. Poteva contare sulle dita delle mani le volte in cui tanto sforzo era stato coronato da un successo degno di nota.
“Lasciala andare…” sussurrò Dario alla mamma, quando sentirono i passi di Carlotta arrivare alle scale.
“Non me la prendo, sai?” gli disse la mamma, ricambiando il tono complice: “La conosco da sempre, e le voglio bene anche così.”
Poi aprirono il frigo: “È tanto vuoto che si sente l’eco” osservò la mamma. “Però c’è quello che basta. La spesa la farete con la nonna: sono sicura che vi farà scegliere un sacco di golosità strepitose!”
Carlotta trascorse il resto del pomeriggio a scegliere i jeans che avrebbe sfoggiato la mattina dopo a scuola. Intendeva ottenere due risultati: far schiattare d’invidia Francesca e attirare l’attenzione di Guido.
La rivalità con Francesca risaliva alla scuola materna: tutt’e due bionde, tutt’e due con gli occhi azzurri, si erano confrontate e detestate fin dal primo momento in cui si erano viste. Per beffa del destino, nonostante tutti i tentativi fatti, erano sempre finite nella stessa sezione: una disdetta.
Prima si erano contese le costruzioni, poi i pennarelli, quindi le attenzioni della maestra e, adesso, la simpatia di Guido.
E Guido per lei era irresistibile: andava in visibilio al ...
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