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DE SAINT-EXUPÉRY ANTOINE
Title:PICCOLO PRINCIPE 22-27
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Subject:FRENCH FICTION
Il Piccolo Principe
Antoine Marie Roger de Saint-Exupéry
------------------------------------------------------------------------------------------XXII
"Buon giorno", disse il piccolo principe.
"Buon giorno", disse il controllore.
"Che cosa fai qui?" domando' il piccolo principe.
"Smisto i viaggiatori a mazzi di mille", disse il controllore. "Spedisco i treni che li trasportano , a volte a destra, a volte a sinistra".
E un rapido illuminato, rombando come il tuono, fece tremare la cabina del controllore.
"Hanno tutti fretta", disse il piccolo principe.
"Che cosa cercano"
"Lo stesso macchinista lo ignora", disse il controllore.
Un secondo rapido illuminato sfreccio' nel senso opposto.
"Ritornano di gia'?" domando' il piccolo principe.
"Non sono gli stessi", disse il controllore. "E' uno scambio".
"Non erano contenti la' dove stavano?"
"Non si e' mai contenti dove si sta", disse il controllore.
E gli rombo' il tuono di un terzo rapido illuminato.
"Inseguono i primi viaggiatori?" domando' il piccolo principe.
"Non inseguono nulla", disse il controllore.
"Dormono la' dentro, o sbadigliano tutt'al piu'. Solamente i bambini schiacciano il naso contro i vetri. Quelli si, che sono fortunati", disse il controllore.
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"Buon giorno", disse il piccolo principe.
"Buon giorno", disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete.
Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva piu' il bisogno di bere.
"Perche' vendi questa roba?" disse il piccolo principe.
"E' una grossa economia di tempo", disse il mercante.
"Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatre' minuti la settimana".
"E che cosa se ne fa di questi cinquantatre' minuti?"
"Se ne fa quel che si vuole..."
"Io", disse il piccolo principe, "se avessi cinquantatre' minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..."
---------------------------------------------------------------------------XXIV
Eravamo all'ottavo giorno della mia panne nel deserti, e avevo ascoltato la storia del mercante bevendo l'ultima goccia della mia provvista d'acqua:
"Ah!" dissi al piccolo principe, "sono molto graziosi i tuoi ricordi, ma io non ho ancora riparato il mio aeroplano, non ho piu' niente da bere e sarei felice anch'io se potessi camminare adagio adagio verso una fontana!"
"Il mio amico la volpe, mi disse..."
"Caro il mio ometto, non si tratta piu' volpe!"
"Perche'?"
"Perche' moriremo di sete..."
Non capi' il mio ragionamento e mi rispose:
"Fa bene l'aver avuto un nemico, anche se poi si muore. Io, io sono molto contento d'aver avuto un amico volpe..."
Non misura il pericolo, mi dissi. Non ha mai ne' fame, ne' sete. Gli basta un po' di sole...
Ma mi guardo' e rispose al mio pensiero:
"Anch'io ho sete... cerchiamo un pozzo..."
Ebbi un gesto di stanchezza: e' assurdo cercare un pozzo, a caso, nell'immensita' del deserto. Tuttavia ci mettemmo in cammino.
Dopo aver camminato per ore in silenzio, venne la notte, e le stelle cominciarono ad accendersi. Le vedevo come in un sogno, attraverso alla febbre che mi era venuta per la sete. Le parole del piccolo principe danzavano nella mia memoria.
"Hai sete anche tu?" gli domandai.
Ma non rispose alla mia domanda. Mi disse semplicemente:
"Un po' d'acqua puo' far bene anche al cuore..."
Non compresi la sua risposta, ma stetti zitto... sapevo bene che non bisognava interrogarlo.
Era stanco. Si sedette. Mi sedetti accanto a lui.
E dopo un silenzio disse ancora:
"Le stelle sono belle per un fiore che non si vede..."
Risposi: "Gia'", e guardai, senza parlare, le pieghe della sabbia sotto la luna.
"Il deserto e' bello", soggiunse.
Ed era vero. Mi e' sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende in silenzio...
"Cio' che abbellisce il deserto", disse il piccolo principe, "e' che nasconde un pozzo in qualche luogo..."
Fui sorpreso di capire d'un tratto quella misteriosa irradiazione della sabbia. Quando ero piccolo abitavo in una casa antica, e la leggenda raccontava che c'era un tesoro nascosto.
Naturalmente nessuno ha mai potuto scoprirlo, ne' forse l'hai mai cercato. Eppure incantava tutta la casa. La mia casa nascondeva un segreto nel fondo del suo cuore...
"Si", dissi al piccolo principe, "che si tratti di una casa, delle stelle o del deserto, quello che fa la loro bellezza e' invisibile".
"Sono contento", disse il piccolo principe, "che tu sia d'accordo con la mia volpe".
Incominciava ad addormentarsi, io la presi tra le braccia e mi rimisi in cammino. Ero commosso.
Mi sembrava do portare un fragile tesoro.
Mi sembrava pure che non ci fosse niente di piu' fragile sulla Terra. Guardavo, alla luce della luna, quella fronte pallida, quegli occhi chiusi, quelle ciocche di capelli che tremavano al vento, e mi dicevo:
"Questo che io vedo non e' che la scorza. Il piu' importante e' invisibile..."
E siccome le sue labbra semiaperte abbozzavano un mezzo sorriso mi disse ancora:
"Ecco cio' che mi commuove di piu' di questo piccolo principe addormentato: e' la sua fedelta' a un fiore, e' l'immagine di una rosa che risplende in lui come la fiamma di una lampada, anche quando dorme..."
E lo pensavo ancora piu' fragile.
Bisogna ben proteggere le lampade: un colpo di vento le puo' spegnere...
E cosi' camminando, scoprii il pozzo al levar del sole.
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"Gli uomini", disse il piccolo principe, "si imbucano nei rapidi, ma non sanno piu' che cosa cercano. Allora si agitano, e girano intorno a se stessi..."
E soggiunse:
"Non vale la pena..."
Il pozzo che avevamo raggiunto non assomigliava ai pozzi sahariani".
I pozzi sahariani sono dei semplici buchi scavati nella sabbia. Questo assomiglia a un pozzo di villaggio. Ma non c'era alcun villaggio intorno, e mi sembrava di sognare.
"E' strano", dissi al piccolo principe, "e' tutto pronto: la carrucola, il secchio e la corda..."
Rise, tocco' la corda, fece funzionare la carrucola. E la carrucola gemette come geme una vecchia banderuola dopo che il vento ha dormito a lungo.
"Senti", disse il piccolo principe, "noi svegliamo questo pozzo e lui canta..."
Non volevo che facesse uno sforzo.
"Lasciami fare", gli dissi, "e' troppo pesante per te".
Lentamente issai il secchio fino all'orlo del pozzo. Lo misi bene in equilibrio. Nelle mie orecchie perdurava il canto della carrucola e nell'acqua che tremava ancora, vedevo tremare il sole.
"Ho sete di questa acqua", disse il piccolo principe, "dammi da bere..."
E capii quello che aveva cercato! Sollevai il secchio fino alle sue labbra. Bevette con gli occhi chiusi. Era dolce come una festa. Quest'acqua era ben altra cosa che un alimento. Era nata dalla marcia sotto le stelle, dal canto della carrucola, dallo sforzo delle mie braccia. Faceva bene al cuore, come un dono. Quando ero piccolo, le luci dell'albero di Natale, la musica della Messa di mezzanotte, la dolcezza dei sorrisi, facevano risplendere i doni di Natale che ricevevo.
"Da te, gli uomini", disse il piccolo principe, "coltivano cinquemila rose nello stesso giardino..." e non trovano quello che cercano..."
"Non lo trovano", risposi.
"E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po' d'acqua..."
"Certo", risposi.
E il piccolo principe soggiunse:
"Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore".
Avevo bevuto. Respiravo bene. La sabbia, al levar del sole, era color del miele.
Ero felice anche di questo color di miele. Perche' mi sentivo invece angustiato?
"Devi mantenere la tua promessa", mi disse dolcemente il piccolo principe, che di nuovo si era seduto vicino a me.
"Quale promessa?"
"Sai... una museruola per la mia pecora... sono responsabile di quel fiore!"
Tirai fuori dalla tasca i miei schizzi. Il piccolo principe li vide e disse ridendo:
"I tuoi baobab assomigliano un po' a dei cavoli..."
"Oh!"
Io, che ero cosi' fiero dei baobab!
"La tua volpe... le sue orecchie... assomigliano un po' a delle corna... e sono troppe lunghe!"
E rise ancora.
"Sei ingiusto, ometto, non sapevo disegnare altro che boa dal di dentro e dal di fuori".
"Oh, andra' bene", disse, "i bambini capiscono".
Disegnai dunque una museruola. E avevo il cuore stretto consegnandogliela:
"Hai dei progetti che ignoro..."
Ma non mi rispose. Mi disse:
"Sai, la mia caduta sulla Terra ... sara' domani l'anniversario..."
Poi, dopo un silenzio, disse ancora:
"Ero caduto qui vicino..."
Ed arrossi'.
Di nuovo, senza capire il perche', provai uno strano dispiacere. Tuttavia una domanda mi venne alle labbra:
"Allora, non e' per caso che il mattino in cui ti ho conosciuto, tu passeggiavi tutto solo a mille miglia da qualsiasi regione abitata! Ritornavi verso il punto della tua caduta?"
Il piccolo principe arrossi' ancora.
E aggiunsi, esitando:
"Per l'anniversario, forse?"
Il piccolo principe arrossi' di nuovo.
Non rispondeva mai alle domande, ma quando si arrossisce vuol dire "si", non e' vero?
"Ah!" gli dissi, "ho paura..."
Ma mi rispose:
"Ora devi lavorare. Devi riandare dal tuo malore. Ti aspetto qui. Ritorna domani sera..."
Ma non ero rassicurato. Mi ricordavo della volpe.
Si arrischia di piangere un poco se ci si e' lasciati addomesticare...
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XXVI
C'era a fianco del ...
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