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VENANZIO
Title:E ALLA FINE DIO CREÒ L'UOMO
Subject:ITALIAN FICTION
Venanzio
E ALLA FINE DIO CREÒ L'UOMO
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Si, è vero, Dio creò l'uomo, ma fece una faticaccia terribile. Aveva lavorato tutta la settimana, quella volta, e tutte le cose gli erano venute bene, molto bene, quasi divinamente. Aveva creato il cielo con le stelle, la luna, le costellazioni, i pianeti e la terra. Per scaldarla bene aveva fatto anche il sole.
- Gli girerai attorno - aveva detto alla terra - ma stai attenta che non ti giri la testa.
Perché anche alla terra gira la testa, ogni tanto, quando beve l'acqua degli oceani. E quando ingurgita qualche pesce spada che si mette di traverso nella gola la terra sussulta e sputandolo indietro fa nascere i vulcani.
Il padreterno aveva fatto in fretta con i leoni, le gazzelle e i delfini. Loro nascevano, si tiravano in piedi e cominciavano a pascolare o a ciucciare il latte. Aveva pensato di fare l'uomo a sua immagine e somiglianza, ma quando gli uscì dalle mani restò molto perplesso, perché l'uomo aveva le orecchie di un gatto e la testa a punta come quella di una tartaruga. Anche le gambe erano storte, perché un piede andava di qua e uno di là.
Non mi assomiglia per niente, si disse, e allora gli aggiunse la coda e altre due zampe e creò il cane. Avrebbe potuto dormirci sopra, direte voi, riposarsi e riprendere dopo la pennichella o all'indomani, ma questo non era possibile, perché al settimo giorno doveva riposare e il sesto giorno stava per finire.
Bisognava concludere il lavoro in giornata, ma fu colto da un dubbio. Perché mai, si chiese, dovrei fare l'uomo? Ho le balene, i coccodrilli e i pappagalli e intere paludi piene di zanzare. L'uomo non era necessario, avrebbe potuto farne a meno.
No, no, si disse, devo fare anche l'uomo, costi quel che costi, e si mise all'opera, sapendo che sarebbe stato il lavoro più faticoso di tutta la sua creazione. Impastò, mescolò, scolpì, segò e limò, e alla fine apparve lui, con la testa enorme e i capelli arruffati. L'uomo cominciò a saltellare sulle quattro zampe, ma ogni tanto gli arrivava la sabbia negli occhi e strillava.
È proprio un impiastro, pensò il padreterno, e non mi assomiglia per niente.
Per non farlo piangere per la sabbia provò a mettergli gli occhi sopra la testa, come ai coccodrilli, ma l'uomo, che prima guardava dove metteva le zampe, ora con gli occhi rivolti verso l'alto vedeva solo le stelle e incespicava o rotolava sui pendii delle montagne. Così gli rimise gli occhi sotto la fronte, ai lati del naso.
Gli ho fatto la testa grossa perché volevo che fosse il più intelligente di tutti, si disse sconsolato, ma è più stupido di una rapa. Guardandosi attorno vide le gazzelle saltare, gli elefanti correre e le aquile volare. L'uomo invece non sapeva neanche camminare.
Forse sa nuotare, si disse il padreterno buttandolo in mezzo all'oceano, ma l'uomo andò subito a fondo e ci volle una bella fatica per riportarlo a galla prima che affogasse.
Se non cammina e non nuota, pensò il padreterno, sicuramente vola. Lo lanciò in aria, ma l'uomo, anziché aprire le ali, gettò un urlo spaventoso e precipitò dal cielo spiaccicandosi contro una montagna. Sprofondò così tanto che ancora oggi al posto della montagna c'è un lago.
Non so proprio cosa fare, si disse il padreterno. Ci pensò a lungo, e prima che iniziasse il settimo giorno trovò la soluzione. Bisognava guardargli dentro la testa. Ci guardò, infatti, e vide una grande confusione di idee. Gli aveva fatto la testa grande perché fosse il più intelligente di tutti, ma in quella testa c'era solo un gran disordine. Per mettere le cose a posto avrebbe dovuto lavorarci settimane, forse mesi.
Lasciamolo così, si disse alla fine, ma a vederlo vagare e rotolare in quella confusione, sbattendo la testa ovunque - non era neanche capace di parlare con gli altri animali - ne ebbe una grande pena. Stabilì di tenerlo nella culla almeno per un anno, fino a quando non fosse stato in grado di camminare e di capire.
Così è stato, infatti, da allora. Ma nonostante ciò, anche oggi molte volte l'uomo ha le idee confuse, incespica e spesso rotola giù dalle scarpate delle montagne. Ma non si può chiedere al padreterno di cambiarlo, perché lui non vuole più saperne di questa storia.
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