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DELMONACO AMELIA
Title:I MITI DELL'ULSTER (PARTE III)
Subject:ITALIAN FICTION
Amelia Delmonaco
I MITI DELL'ULSTER
(Parte III)
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OENGUS E CAER: mito tratto dal ciclo irlandese del Libro delle Invasioni (Leabhar Gabhala): invasione dei Tuatha Dé Danann - Libera rilettura della narratrice
Tanti, tanti anni fa, nelle valli verdi e selvagge dell'Irlanda del Nord viveva "Oengus degli uccelli", il Dio dell'amore, che apparteneva al popolo dei Tuatha Dé Danann; egli era noto col nome di "mac Oc" che significa "giovane figlio": infatti la leggenda vuole che i genitori di Oengus, gli dei Daghda e Boann, poiché si amavano senza il parere favorevole del Re degli dei, fermarono il sole per nove mesi, e così il figlio fu concepito e nacque in un solo giorno.
Divenuto uno stupendo dio, tutto dedito a proteggere e a consolare gli amanti, Oengus si innamorò di una fanciulla sognata in una bella sera di primavera, e non riuscendo a dimenticarla, incominciò a deperire, non sapeva più ridere, né galoppare, né cantare, né cacciare; viveva chiuso nel suo dolore e nessuno riusciva a sollevarlo da quella immensa pena. Il padre convocò maghi e stregoni perché lo guarissero; ma tutto fu invano, finché non decise di chiamare il più famoso Druido del regno, Cathbad, che arrivò con grande seguito e pompa. Cathbad leggeva nel pensiero e sapeva "vedere" ad occhi chiusi ove fosse una persona anche a decine di miglia di distanza. Cathbad era ossequiato e rispettato anche dai Re perché grande era la sua sapienza: conosceva la storia dei popoli e le loro leggende, praticava la magia con grande abilità, era penetrato nei segreti più antichi della terra e riusciva a proiettare la sua mente tra le stelle per studiarne le leggi e i movimenti. Tutto ciò che esisteva in cielo, in terra e in mare gli era noto, e la mente umana per lui era come un libro aperto: bastava poggiarvi lo sguardo, per carpirne i segreti. Cathbad fu portato al cospetto di Oengus, che non alzò nemmeno lo sguardo, tanto grande era il peso del suo dolore. Il Druido lo guardò e infine disse:
- Oengus, tu sognasti una fanciulla di rara bellezza, grazia e dolcezza; il tuo cuore fu toccato, la tua mente stregata, la tua vita distrutta. Ma ora ascoltami, e solleva il tuo capo alle mie parole: questa fanciulla non è il sogno partorito dai tuoi desideri. Essa esiste e vive nelle terre di Samhain. Il suo nome è Caer, ma tu non puoi incontrarla perché vive rinchiusa nel castello del padre Midhir, che è Signore del sith * di Bri Leith, e perciò è un Dio grande e potente; ma se tu vai indietro nel tempo ai tuoi anni di intraprendente Dio dell'Amore, tu forse ricorderai che aiutasti Mithir a portar via la bella Etain che visse due volte, una e poi mille anni dopo, dalle braccia del suo sposo legittimo, e quindi puoi chiedere aiuto a lui, che non te lo negherà.
Quando la terra sarà a mezza via nel suo cammino verso il punto più vicino al sole, tu potrai vedere la fanciulla del tuo sogno.. Tocca a te riconoscerla tra le genti della festa di Samhain, allorché le barriere si infrangeranno, e lo spazio e il tempo non risponderanno più alle loro leggi, e le porte dell'oltretomba si apriranno ai vivi, e i morti saliranno a camminare sulla terra. Quello è il giorno. Quello è il luogo. Ciò che dissi tu udisti, e non dirò oltre."
Oengus sollevò il suo spirito a questa promessa di felicità, e nessuno più fu tranquillo nella reggia del Dio-Re suo padre: tutto doveva essere rinnovato e perfetto, e pulito, e splendente e fastoso per accogliere la sua sposa: sarte, tessitrici, falegnami, fabbri, decoratori, orafi e alchimisti, tutti furono sottoposti a tremendi turni di lavoro perché ogni cosa fosse pronta per il giorno di Samhain, quando lui pensava di condurre con sé la bella e dolce Caer.
Il padre e la madre lo assecondavano, perché troppo avevano temuto per la sua vita nei giorni neri del dolore. Erano felici di vederlo rifiorire e ridere e cacciare, e ballare e galoppare. Oengus prendeva il suo cavallo bianco come il latte, veloce come il vento e forte come un leone e si allontanava verso le verdi vallate del suo regno cantando lodi alla sua donna e sperando che il vento le raccogliesse e gliele portasse lì, nelle fredde e solitarie stanze della sua reale dimora.
- Dolce Caer, bella Caer, cento notti ti ho sognata, cento giorni ti ho aspettata. Dove sei Tu, dolce incanto del mio cuore? Vorrei essere un fiore per ornare i tuoi capelli; un ruscello per baciare le tue mani bianche come neve; il sole per carezzarti le belle membra; la luna per avvolgerti tutta nel latteo manto della mia luce ed un usignolo per cantare le tue lodi e morire d'amore alla vista del bianco splendore dei tuoi denti tra le rosse labbra aperte al sorriso. Dolce, bella Caer, dove sei? Ascolti il mio canto d'amore o sei tu sorda ai miei lamenti? Quale ingrata magia ti tiene lontana dal mio cuore? E voi, Dei del cielo che tutto vedete e tutto sapete, perché siete così sordi alle mie preghiere? Oh, quanto dolce e quanto insana è la pena d'amore! Un bacio, uno sguardo, un timido sorriso, un gesto d'intesa, un solo momento di felicità e poi potrei morire appagato: ma neanche questo mi è concesso. Vado tra la gente come un cieco che non ha luce negli occhi perché tu non ci sei; vado tra la gente come un orfano che cerca il volto della propria madre nei volti di tutte le donne e non lo trova; vado tra la gente come un sordo, che non riesce ad udire altro che il dolce suono della tua voce. Cara, dolce Caer, mi ascolti tu? Dove sei, Caer dei miei sogni?..."
e la sua voce si moltiplicava e poi moriva negli echi lontani dei monti.
Passarono i giorni e poi i mesi. Tutto era pronto alle reggia, ed Oengus si vestì di oro e di porpora, portò con sé un corno da caccia d'avorio bianchissimo il cui suono cupo e profondo poteva far aprire le porte dell'oltretomba; una spada d'oro che faceva gemere l'aria; due levrieri bianchi capaci di rinascere dopo la morte, perché la sua vita fosse protetta; prese il collare d'oro, simbolo del suo stato di potere, un anello dai magici poteri per la sua Caer, montò il suo grande cavallo bianco e si avviò alla festa delle cinque province di Samhain . Quando arrivò i pastori e tutte le genti delle cinque province già accorse, si aprirono in due schiere ai lati del Dio dell'amore che incedeva possente e meraviglioso e tutti lo ammirarono e molti si prostrarono al suo passaggio. Una strana atmosfera di magia e di silenziosa attesa incombeva sulla valle, una impalpabile nebbia fatta di nulla mutava la percezione delle cose e le rendeva evanescenti, a tratti irreali. Oengus procedeva adagio, osservando i volti delle giovani fanciulle lì presenti, senza vedere la sua Caer, e già incominciava a disperare e a macerarsi nell'angoscia. Infine si fermò. Scese da cavallo e ordinò che ogni fanciulla delle cinque province venisse al suo cospetto. Le madri ansiose ornarono le loro figlie nel miglior modo possibile, ma per quanto belle e leggiadre esse fossero, Oengus non le degnò di più di uno sguardo. Caer non era lì. Bella, dolce Caer, dove sei.... Quasi pazzo di dolore si accostò a un laghetto che splendeva debolmente alla luce stanca della fine di ottobre e si mise ad osservare dei bei cigni che scivolavano con grande leggiadria sulle acque tranquille e amiche. Egli s'incantò alla vista della loro leggiadria e li seguì con lo sguardo a lungo, finché non notò che tutti i cigni erano legati a coppie con una catenella d'argento, tranne uno che alla zampa aveva una catenella d'oro. Oengus disse piano, tremando: "
- Caer, dolce Caer!"
E il cigno si voltò, lo guardò e poi disse:
- Chi sei, tu, un Dio o un Re?
- Io sono Mac Oc, figlio di Boann e di Daghda, e sono venuto a cercarti per amarti e fare di te la mia sposa, poiché non posso vivere senza di te!
- Non dirlo, non dirlo, se non vuoi la mia rovina. Fui destinata al Dio degli Uccelli e nessun altro potrà vedermi finché egli non verrà a chiedermi in sposa.
- Ebbene, io sono il Dio dell'Amore, e il mio potere é grande quanto quello del padre tuo, Midhir, che un giorno mi fu amico e che io aiutai nel momento del bisogno!
Tutto intorno il mistero aleggiava sulle cose e sugli esseri viventi: fitte nebbie si addensavano e poi scomparivano portando nel proprio seno il segreto dell'incantesimo compiuto. Oengus montò il suo cavallo bianco e si addentrò in un boschetto dall'aspetto ameno, ricco di querce e faggi, ove il vento alitava pacato modulando arcane melodie. Ad un ...
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