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UGOLOTTI BRUNO
Title:IL PONTE DEL DIAVOLO
Subject:ITALIAN FICTION
IL PONTE DEL DIAVOLO
Da "I Racconti del Feudo" di Bruno Ugolotti
Un ponte, in generale, serve per valicare qualche ostacolo. Quel ponte, invece, non serviva a niente. Sorgeva solitario nel letto d' un torrente sopra una vasta spianata di ghiaia che si poteva attraversare senza nessuna difficoltá, sia a piedi che a cavallo.
Si trattava di un arco lungo e basso, sinistro nella sua semplicitá, costruito con lastroni di pietra in costa cementati tra loro colla calce e sostenuti al centro da una rozza chiave di volta. Sembravano lapidi tolte da un vecchio cimitero, unite ed affiancate da una mano maligna.
La patina brunastra della pietra contrastava col bianco della ghiaia, sí che la costruzione era visibile da lontano. Gli abitanti del borgo lo chiamavano ponte del diavolo. E non mancavano loro le ragioni, in parte pel suo aspetto e per le sue funzioni - le opere del diavolo sono appunto famose per la loro inutilitá - ma soprattutto perché era stato costruito in una sola notte.
Soltanto il peso dei lastroni utilizzati per la costruzione rendeva assurda qualsiasi congettura relativa al possibile intervento della mano dell' uomo. Per trasportarne uno solo sarebbe occorso un carro, od una slitta, trascinata da tre paia di buoi. Il luogo poi dove sorgeva il ponte era lontano da qualsiasi cava.
Ma, ammesso che un esercito di operai avesse lavorato senza soste, restava il fatto che proprio quella notte i tre elementi principali che servono di base a questo mondo, l' acqua, l' aria ed il fuoco, si fossero alleati per scatenare sulla vallata uno dei piú tremendi nubifragi che la gente del borgo ricordasse, mentre il torrente si trasformava in una incontenibile fiumana d' acqua, sabbia e ghiaia.
Che il diavolo perció fosse l´artefice del ponte nessuno dubitava. Restava solo da scoprirne i fini: il diavolo non fa mai niente per niente.
I primi interessati nello scoprire ció, naturalmente, erano i preti. Il pievano perció scese al greto inmediatamente, accompagnato dal sagrestano che portava la croce. I villici li osservavano dall' alto.
Il pievano aggiró la posizione a prudente distanza e sostó tra la vegetazione della riva dove abbondavano i nascondigli in caso di pericolo. Rassicurato peró dall' aria fresca esente da ogni odore di natura diabolica come di zolfo o di bruciato, a poco a poco si avviconó esaminando il ponte da ogni lato. Alla fine lo toccó coll' aspersorio e lo spruzzó con l' acqua benedetta tra la trepidazione degli spettatori.
Nulla v' era in realtá nella rozza struttura che facesse supporre l' esistenza di insidie del maligno. E in quanto all' arco in sé, esso era lontano dal rappresentare un simbolo infernale. Eppure c' era sotto qualche cosa.
Ritornato in canonica, il pievano rifletté a lungo mentre i candidi villici facevano ressa attorno allla misteriosa apparizione. Ed alla fine l' illuminó un' idea. Ripassó i punti del catechismo in relazione al libero arbitrio concesso da Dio all' uomo e si convinse che si trovava sulla strada giusta. Cosí come l' essere umano in generale era libero di scegliere il sentiero del bene o del male, i viandanti che guadavano il torrente e attraversavano la spianata di ghiaia erano liberi di tirare diritto o di passare sul ponte. Ma essendo il ponte opera del demonio, paasarvi sopra significava stare dalla sua parte. Approfittando di questa inclinazione, il diavolo non si sarebbe fatto pregare per ghermire l' anima dell' incauto. E questi erano i fino della malaugurata costruzione.
Ma l' astuto pievano in luogo di avvertire pubblicamente i fedeli scrisse una lettera all' arciprete. Questi avvertí il vicario provinciale ed ambedue piombarono nel borgo. Fatto consiglio, convennero che in quella circostanza specialissima ció che conveniva al diavolo conveniva alla Chiesa. Se insomma si presentava l' occasione di potere distinguere le pecore bianche dalle nere, sovente mascherate, non bisognava lasciarsela scappare. Il ponte quindi doveva sottoporsi a una discreta ma assidua vigilanza per annotare il nome dei sospetti e poi sapere come regolarsi.
Il pievano, oltre ambire ad ascendere di grado, voleva prendersi una rivincita nei confronti del contino, come veniva chiamato nel paese il figlio maggiore del feudatario del luogo, col quale aveva un vecchio conto da regolare.
Questi era un giovane scapestrato, irriverente, burlone, dedito ad insidiare i beni altrui e la virtú delle contadinotte, uso a passare in piacevoli bagordi la maggior parte dellesue giornate. Tempo addietro i due uomini, il pievano e il contino, si erano trovati nel fiume, un giorno di canicola, sul ciglio della corrente. Mentre il giovane vi guazzava nudo nato in compagnia di alcuni giovinastri della sua stessa risma, il pievano stava togliendosi le scarpe per guadagnare la sponda opposta onde accudire a doveri del suo ufficio. Un po' brillo, il contino gli si era avvicinato facendo mostra di grande devozione.
"Signor pievano, signor pievano!"
"Signoria?"
"Dovete confessarmi."
"Come, qui in mezzo al fiume?"
"E cos c' é di male?"
"Venite in chiesa e vi accontenteró."
" Mi devo confessare con urgenza; datemi la vostra stola da baciare."
Capita l' antifona, il pievano aveva cercato di fuggire con la velocitá che le sue condizioni permettevano, era infatti sciancato dalla nascita.
"Tornate indietro, signor pievano, fate il vostro dovere!"
Ma il pievano saltava tra le pietre dove faceva ventaglio la corrente con un piede calzato e l' altro scalzo.
Alla voce del contino"dái a quel prete!" i giovinastri che l' accompagnavano avevano iniziato una sassaiuola di cui il pievano portava i segni malgrado il tempo trascorso.
Se l' aborrito giovane, quindi, avesse abboccato all' amo com' era da prevedersi conoscendo la tortuositá della sua mente, la rivincita sarebbe stata assicurata. La contea inoltre si sarebbe liberata da un futuro tiranno e il gregge da un infedele.
Cosí il pievano, accomiatati i superiori, sale l' erta del colle e bussa alla porta del castello feudale.
"Che buon vento vi mena, reverendo?" dice il contino di buon umore.
"Vengo per un dovere del mio ufficio."
"Siete pentito e venite a confessarmi?"
"No, si tratta del ponte, signoria. Devo avvertirvi pel bene vostro e della vostra famiglia che dovete starci lontano. Chi lo passa é perduto: il diavolo lo prende e lo porta all' inferno. Rimanete con Dio."
Il giovane finse di apprezzare il consiglio ma a pranzo ne fece beffe coi compari e tutti risero a crepapelle. Quale migliore occasione poteva presentarsi d' altronde per interrompere la monotonia della vita nel borgo che organizzare una visita a Satanasso?
Il giorno dopo infatti, indossata l' armatura e bardati i cavalli, gli allegri scavezzacollo si avviarono alla volta del ponte mentre il pievano, spiandoli da lontano,si fregava le mani sotto le ampie maniche del saio.
La cavalcata sostó al margine della spianata di ghiaia.
"Messeri", disse il contino sguainando la spada, "tremate! Tra un istante mi vedrete lottare col diavolo, io colla spada e lui colle sue corna."
E spronando il cavallo attraversó il ponte d' un fiato.
All' osservare il giovane maestro alzare la celata sorridente, senza nemmeno una graffiatura, i componenti del gruppo lo imitarono. Cosí, tra lazzi e grida, si divertirono una mattinata.
Passati pochi giorni peró un messaggero collo stemma del Duca sul petto bussa alla porta del castello. É latore d' un pliego ducale suggellato colla ceralacca che ordina al giovane conte di presentarsi al Duca nel tempo massimo di tre giorni.
Era impossibile disubbidire; il giovane si prepara e scende in cittá
"Che cosa avete combinato mai?" chiede il Duca. "La curia vescovile ha spiccato mandato di cattura contro di voi. Mi spiace ma debbo arrestarvi."
Scortato da un picchetto di guardie ducali il giovane si presenta in vescovado.
"Siete richiesto da Roma", dice il Vescovo.
"Ma perché?" chiede il,giovane cadendo dalle nuvole.
"Ordini. Dovete prepararvi a partire."
Sotto custodia dei giannizzeri papali il giovane arriva a Roma, dove senza nessuna spiegazione, viene incatenato e gettato in carcere.
Passano i giorni, le settimane, il giovane é giá sul punto di dare i numeri quando viene introdotto in una sala spoglia, imbiancata a calce, davanti a un personaggio vestito con un saio e un cappuccio bianco, seduto ad una cattedra dominata da un crocifisso di dimensioni monumentali appeso alla parete. Ai suoi fianchi stanno due guardie del Papa armate fino ai denti.
"Il vostro caso é grave", dice questi senza preamboli.
"Ma che diavolo ho fatto?"
"Moderatevi nel linguaggio o peggiorerete la vostra situazione."
"Allora datemi una spiegazione."
"Eminenza!"
"Eminenza."
"Vi si accusa d' aver venduto l' anima al diavolo con due aggravanti : pervertire i vostri amici e scandalizzare il vicinato. Se confessate rispármieremo il tempo e le spese d' un processo."
"Niente confesso! Mi hanno calunniato."
"Peggio per voi. Il tribunale inizierá le indagini e di sicuro troverá le prove.La sentenza sará piú severa. Nel frattempo, dato che nessuno é innocente finché non sia provato, resterete in prigione. Portatelo via!"
Passano i mesi e ad autunno inoltrato torna a galla la pratica del giovane. Trasandato e avvilito, egli viene fatto salire in carrozza e questa parte scortata dagli sbirri.
Il cammino era ...
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