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FIABE GIAPPONESI
Title:ISSUNBOSHI (POLLICINO)
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Subject:OTHER LITERATURES
Issunboshi (Pollicino)
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C'erano una volta un vecchio uomo e una vecchia donna. Non avevano
bambini e ne erano molto tristi, perciò spesso pregavano Iddio per un figlio.
"Ne saremmo contenti anche se il nostro bambino non fosse più grande d'un pollice."
Un giorno la donna diede alla luce un bambino non più alto che un pollice. I
genitori erano molto felici perché lo avevano tanto desiderato, nonostante che il figlio non fossev più grande di un dito pollice.
Per questo lo chiamarono "Issunboshi", che in giapponese vuol dire Pollicino. Gli volevano bene e lo educarono con giusti principi. Gli anni passavano, ma Issunboshi non cresceva. Non crebbe neanche
quando compì dieci anni. Restò sempre così piccino com'era al giorno della
nascita, cioè non più grande del pollice d'una mano. I suoi genitori n'erano
veramente preoccupati. Lo facevano anche mangiare di più, ma tutto era inutile. Il bambino non crebbe un pollice di più.
Issunboshi era tanto minuto che non era capace di dare una mano né alla mamma né al babbo, perché non poteva portare più di una paglia alla volta. Invece,
Issunboshi era un cantante molto bravo e sapeva ballare graziosamente. I ragazzi
Del vicinato cominciarono a chiamarlo "il nano". Questo era molto spiacevole e doloroso per Issunboshi e un giorno decise di andar via.
- Io vado nella grande città per trovarmi un lavoro, - disse una volta ai suoi
genitori.
Loro divennero molto tristi, ma gli diedero una ciotola, un bastoncino e un ago
da cucire
Il piccolo pose la ciotola sulla testa per capello, si infilò nella fscia in vita l'ago come spada,
prese il bastoncino per bastone da passeggio e si mise in viaggio.
Camminava e camminava, ma la capitale rimaneva comunque lontana. Sulla strada incontrò una
formica e le domandò se la città distasse molto.
- Fà la strada corta attraverso i denti di leone, poi tra il campo delle code di
cavallo e, finalmente, raggiungerai il fiume, - disse la formica.
Issunboshi la ringraziò e andò attraverso i denti di leone, poi tra il campo delle code di cavallo e finalmente vide il fiume. Arrivato sulla riva, mise la ciotola nell'acqua come una barca e utilizzando il bastoncino come remo continuò il suo
viaggio. Non molto dopo, arrivò nei pressi di un grandissimo ponte, pieno di gente. Vedendo
tanta gente, Issunboshi si disse:
Eccomi arrivato! Questa sarà la città capitale.
e poi scese dalla ciotola, cioè dalla sua piccola barca.
La capitale era veramente grande, piena di gente che andava sempre in fretta e che sembrava molto occupata. E il piccolo Issunboshi si trovò in grande
pericolo: poteva essere facilmente pestato dai pedoni che non se accorgevano della sua presenza.
- Allora, - pensò lui, - devo fare molta attenzione, - e cercò di transitare
solo per strade tranquille e poco affollate. Cammina e cammina, capitò davanti un palazzo grande. Sembrava la casa di una Eccellenza molto potente e ricca. Issunboshi salì sulla scalinata scala e gridò:
C'è qualcuno in casa?
Qualcuno s'avvicinò alla porta, ma poiché non vide nessuno se ne andò
borbottando:
- Ho sentito gridare eppure non c'è nessuno.
Issunboshi gridò di nuovo:
- Io sono quaggiù, al fianco delle scarpe! L'uomo lanciò un'occhiata verso il basso e vide
Issunboshi che stava al fianco delle scarpe. Egli non aveva mai visto una persona di tanto piccole dimensioni nella sua vita. Lo prese nel palmo della mano e lo osservò con meraviglia. Poi lo
portò a farlo vedere anche alla principessa che era la padrona della casa.
Issunboshi sorprese tutti con il suo talento di cantante e ballerino perché era
tanto minuto e grazioso. La principessa lo trovò tanto simpatico che decise
subito di tenerlo nella casa. E Issunboshi rimase a servizio nella casa dell'Eccellenza.
Se la principessa leggeva un libro, Issunboshi le sfogliava le pagine, se la principessa studiava lo scrivere gli ideogrammi, Issunboshi le preparava l'inchiostro. Inoltre,
lui si allenava nella scherma con la sua spada, cioè con l'ago. Issunboshi fu
sempre accanto alla principessa e la accompagnava dappertutto.
Un giorno, la principessa andò nel castello di Chiomizu ed al suo ritorno fu
attaccata da un bandito che cercò di rapirla. C'era invece Issunbosci, che gridò, il più forte possibile:
- Aspetta! Ci sono anch'io, Issunboshi! In guardia, furfante!
Vedendo il piccolo Issunboshi, il bandito si mise a ridere:
- Che cosa pensi di fare, piccino?
E poi lo inghiottì. Il piccolo Issunboshi invece di spaventarsi, si mise a pungere lo stomaco del bandito. Poi salì nella gola senza smettere di dare
colpi. Il bandito urlò dal dolore:
- Ohi, ohi! Fa male!
Issunboshi, invece, non smise di dare i suoi fendenti e finalmente uscì dal naso del bandito.
Spaventato, il bandito si dette alla fuga.
Intanto, la principessa prese dalla terra quello che il bandito aveva lasciato
prima di fuggire. Era un amuleto. Allora lei disse ad Issunboshi:
- Sai che questo è un talismano che porta fortuna. Se tu desideri qualcosa e lo
scuoti, il tuo desiderio sarà appagato. Allora, qual è il tuo desiderio più
grande?
Il piccolo Issunbosci rispose:
- Vorrei diventare più grande di statura.
La principessa scosse il talismano, dicendo:
- Cresci, cresci! Che Issunboshi diventi più alto!
Ed Issunboshi cominciò a crescere e subito la principessa si trovò davanti un bel ragazzo.
Poi, tornarono assieme a casa, dove l'Eccellenza restò tanto affascinata da
Issunboshi che gli permise di sposare sua figlia. Issunboshi invitò i suoi
genitori e tutti vissero assieme nella capitale.
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Tradotto dall'inglese da Vesso.
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