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DICKENS CHARLES
Title:DAVID COPPERFIELD
Subject:ENGLISH FICTION
Charles Dickens
DAVID COPPERFIELD
INDICE.
Nota sull'Autore e sull'opera
Prefazione dell'Autore
1. Sono nato
2. Mi guardo intorno
3. Sono in un nuovo ambiente
4. Cado in disgrazia
5. Mi mandano lontano da casa
6. Allargo la cerchia delle mie conoscenze
7. Il mio primo semestre a Salem House
8. Le mie vacanze. Un pomeriggio felice
9. Ho una memorabile festa di compleanno
10. Mi trascurano, poi mi sistemano
11. Comincio a vivere per conto mio e non mi piace
12. La vita indipendente continua a non piacermi e prendo
un'importante decisione
13. Le conseguenze della mia decisione
14. Mia zia decide che cosa fare di me
15. Faccio un nuovo inizio
16. Sono un ragazzo nuovo, non solo come allievo della scuola
17. M'imbatto in qualcuno
18. Uno sguardo retrospettivo
19. Mi guardo intorno e faccio una scoperta
20. La casa di Steerforth
21. La piccola Emily
22. Vecchi luoghi e gente nuova
23. Confermo le opinioni del signor Dick e scelgo una professione:
pagina 620.
24. Prima dissipazione
25. Angeli buoni e angeli cattivi
26. Cado prigioniero
27 . Tommy Traddles
28. La sfida del signor Micawber
29. Faccio una seconda visita a Steerforth nella sua casa
30. Una perdita
NOTA SULL'AUTORE E SULL'OPERA.
Charles Dickens nacque nel 1812 a Landport, poco lontano da
Portsmouth. Morì a Gad's Hill nel Kent il 9 giugno 1870. Fu sepolto a
Londra, nell'«angolo dei poeti» della Abbazia di Westminster.
Dopo un'infanzia difficile con breve e saltuaria possibilità di studi
regolari a causa dei disagi finanziari sofferti dalla famiglia (il
padre fu anche in prigione per debiti) Dickens mise a profitto una
eccezionale forza di volontà non meno grande in lui dell'ingegno per
farsi una notevole cultura come autodidatta. Senza alcun maestro
apprese la stenografia, poté quindi lavorare come cronista
parlamentare per vari quotidiani, e conservò tale incarico per circa
tre anni, cioè fino a quando la sua vocazione di narratore ebbe modo
di manifestarsi felicemente.
Nel dicembre del 1833 prese a scrivere bozzetti e novelle che venivano
pubblicati su periodici prima di essere in seguito raccolti in vari
volumi; compose anche qualche modesta opera teatrale, riuscendo a
farla rappresentare con discreto successo.
Nel 1836-37 la pubblicazione a dispense del "Circolo Pickwick" ("The
Pickwick Papers"),una girandola mozzafiato diavventure
straordinariamente facete di un gruppo di amici londinesi nelle
campagne intorno a Londra, incontrò un enorme favore da parte di un
vasto pubblico di lettori, così che l'Autore si trovò portato di colpo
in una posizione di primo piano fra i narratori contemporanei, che
pure erano molti e di valore. Tale posizione di grande eminenza egli
poté conservare fino al termine di una non lunga, ma eccezionalmente
intensa carriera, grazie anche a quel contatto fuori dell'ordinario
che riuscì a stabilire con il pubblico per mezzo di letture delle sue
opere, che tenne a partire dal 1837 con enorme successo sia in
Inghilterra sia in occasione dei due viaggi negli Stati Uniti.
Il "David Copperfield" è del 1849-50, quando l'Autore è nel pieno
della maturità artistica, avendo già pubblicato alcuni fra i maggiori
romanzi quali "Oliver Twist", "Nicholas Nickleby", "La bottega
dell'Antiquario" ("The Old Curiosity Shop"), "Un canto di Natale" ("A
Christmas Carol"), "Dombey & Figlio" ("Dombey & Son"). Il nuovo
romanzo segna tuttavia nel complesso dell'opera una deliberata svolta.
Se qualche critico ritiene che il capolavoro di Dickens sia "Grandi
Speranze" ("Great Expectations") che segue di una decina di anni, e
altri ancora giudica che sia invece "Casa desolata" ("Bleak House")
posteriore di soli due anni al "David Copperfield", la maggioranza dei
competenti considera che l'opera maggiore di Charles Dickens sia
senz'altro quest'ultima. La svolta consiste nel fatto che per la prima
volta l'Autore si serve della realtà per inserirla nella finzione,
anche della esperienza personale di giovane scrittore per plasmare una
geniale opera narrativa.
Riesce pertanto, almeno circa nella prima metà del libro, a
raggiungere quella che è lecito definire una perfezione di effetti,
sia con la intensa partecipazione alla vicenda del protagonista che
narra in prima persona, sia con il non troppo frequente intervento di
giudizio, che perciò non risulta mai inopportuno né invadente.
Si legge nella stessa introduzione dell'Autore come egli avesse uno
speciale affetto per questo libro nel quale il suo costante impegno
sociale (qui specialmente contro il lavoro dei minori e il carcere per
debitori insolvibili) si manifesta con tanto maggiore forza ed
efficacia in quanto rivela almeno in parte la triste realtà della sua
infanzia, per lui indimenticabile in misura quasi ossessiva. Si veda
come David alla fine del capitolo 14, ormai salvo sotto la protezione
della zia e felicemente ritornato studente, dichiara di non voler più
parlare del periodo in cui s'era trovato ingiustamente costretto in
giovanissima età a un lavoro manuale degradante, giungendo sino a
confessare di non voler nemmeno ricordare con precisione quanto (in
mesi o in anni?) fosse durato. Lo stesso Dickens tralasciò sempre di
ritornare anche fra gente amica sul tempo infelicissimo del lavoro che
nemmeno adolescente gli aveva inferto una insanabile ferita.
Con la perdita del padre ancora prima di venire al mondo,
l'infelicissimo secondo matrimonio della madre, la triste solitudine
infantile dopo la morte di lei, l'ignobile lavoro, le miserie lungo il
cammino della fuga prima che questa lo porti a trovare rifugio presso
l'anziana zia (figura eccentrica fra le più vive!) la base della vita
di David è certo drammatica. E in seguito vi echeggeranno le dolorose
note della morte di Dora, la moglie bambina, con la riduzione in
cenere dell'amicizia giovanile, e non solo queste. Eppure il libro è
anche rallegrato da una miriade di momenti luminosi, intensamente
romantici e delicatamente commoventi, mentre il personaggio non
dimentica la sintetica direttiva impartitagli dalla zia rivelatasi
insperatamente generosa e affettuosa: «mai meschino, mai sleale, mai
crudele», pur non risultando un autentico eroe, né un esempio di
eroiche virtù.
Da tutti i romanzi di Dickens emergono dei personaggi ai quali egli ha
impartito una vita ben superiore a quella libresca: se ne parla dopo
cent'anni, e non solo fra i conterranei dell'Autore, come di persone
in carne e ossa, ammirevoli o ripugnanti, di cui non si ignora nulla,
e che si affiancano alle altre immortali create da Chaucer e da
Shakespeare. Qui troviamo il "signor Micawber" con l'irresistibile
comicità del suo comportamento, l'enfasi inesauribile dei discorsi e
delle missive, le disgrazie che lo abbattono fino all'infelicità,
senza pur impedirgli di tornare subito a sollevarsi fino alle vette
del meno ragionevole e più gaio ottimismo. E' una delle figure ideate
da Dickens che sono sempre più grandi del normale e che tuttavia
possiedono una così precisa vitalità da non poter mai ridursi a
semplici fantocci caricaturali.
I dialoghi in Dickens sono quasi sempre vivacissimi, pensati e parlati
insieme, e suscitano spesso una vastità di risonanze che supera le
parole. Anche le descrizioni sono sommamente efficaci, benché a volte
diffuse, sia che interessino visioni della natura, sia che rendano le
sensazioni delle varie stagioni lungo le vie di Londra visitate con
una plastica partecipazione. Non diversamente l'unità del racconto
resta linearmente rispettata nonostante l'affollarsi di tante persone
e vicende solo apparentemente secondarie o superflue, perché anzi non
dando luogo a vane dispersioni valgono a impartire maggiore rilievo
all'insieme.
Quel potere di attenzione che Dickens si affretta ad ascrivere a David
bambino è in effetti una delle grandi qualità dell'Autore: attenzione
istintiva e attenzione infaticabile della memoria che porta senza
fatica l'Autore a tracciare i più minuti particolari con generosità
inarrestabile, e a renderli tutti variamente importanti.
Diceva di recente un critico inglese della B.B.C. che se altri
scrittori creano personaggi, nelle sue opere Dickens fa nascere
persone vive, e non sarà quindi mai possibile parlare troppo di
Dickens, o rileggere troppe volte i suoi libri.
E ora rileggiamo il giudizio finale dato da Cazamian, grande studioso
francese di letteratura inglese: «Tra i romanzieri inglesi Dickens non
è l'artista più abile, non lo psicologo più sottile, non il realista
più accurato, né il narratore più seducente, ma è probabilmente il più
inglese, il più tipico, il più grande di tutti».
E ancora, uno studioso d'oggi (Trevor Blount) così conclude un suo
saggio ("Dickens, The Early Novels"): «Ma la maggiore fonte di
interesse per un lettore moderno può benissimo essere lo stile, se
pure a volte sentimentale e flaccido, e però il mezzo con cui Dickens
fa nascere i suoi personaggi e carica di eccitazione le scene. Sono le
parole che contano, e Dickens giunse a usarle con sempre maggior
attenta cura. Dickens non appartiene alla classe di sommi narratori
quali Tolstoj e Dostoevskij, ma tra quelli appena meno eccelsi pochi
gli si avvicinano. E l'estremo paradosso dell'insieme di un'opera come
la sua, così stravagante, fantastica, melodrammatica, sentimentale e
perfino nevrotica, è che lasci un'impressione finale di allegria e di
bontà»
F. ...
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