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LA FONTAINE JEAN DE
Title:FAVOLE
Subject:FRENCH FICTION
FAVOLE
di Jean de La Fontaine
trad. di Emilio De Marchi
Al delfino di Francia
Canto gli Eroi progenie alma d'Esopo
di cui l'istoria, anco se falsa, in fondo
di verità nasconde alti concetti.
Tutto parla nel mio novo poema,
il can, la volpe e fin parlano i pesci;
ma ciò che l'uno all'altro gli animali
dicon fra lor, di te, lettor, si dice.
O figlio illustre di Gran Re, sul quale
guarda benigno il ciel, guarda la terra,
Re che cento baldanzose teste
abbassando, fra poco i giorni suoi
col nome segnerà delle vittorie,
altri canti con voce epica e grande
degli avi i fasti e le virtù dei prenci;
di piccole vicende il picciol quadro
io per te pingerò dentro i miei versi.
Che se all'impresa fia negato il dono
di piacer al tuo cor, dolce Signore,
almen conforti il povero poeta
quel d'averla tentata umile premio.
LIBRO PRIMO
I - La Cicala e la Formica.
La Cicala che imprudente
tutto estate al sol cantò,
provveduta di niente
nell'inverno si trovò,
senza più un granello e senza
una mosca in la credenza.
Affamata e piagnolosa
va a cercar della Formica
e le chiede qualche cosa,
qualche cosa in cortesia,
per poter fino alla prossima
primavera tirar via:
promettendo per l'agosto,
in coscienza d'animale,
interessi e capitale.
La Formica che ha il difetto
di prestar malvolentieri,
le dimanda chiaro e netto:
- Che hai tu fatto fino a ieri?
- Cara amica, a dire il giusto
non ho fatto che cantare
tutto il tempo. - Brava ho gusto;
balla adesso, se ti pare.
II - Il Corvo e la Volpe
Sen stava messer Corvo sopra un albero
con un bel pezzo di formaggio in becco,
quando la Volpe tratta al dolce lecco
di quel boccon a dirgli cominciò:
- Salve, messer del Corvo, io non conosco
uccel di voi più vago in tutto il bosco.
Se è ver quel che si dice
che il vostro canto è bel come son belle
queste penne, voi siete una Fenice -.
A questo dir non sta più nella pelle
il Corvo vanitoso:
e volendo alla Volpe dare un saggio
del suo canto famoso,
spalanca il becco e uscir lascia il formaggio.
La Volpe il piglia e dice: - Ecco, mio caro,
chi dell'adulator paga le spese.
Fanne tuo pro' che forse
la mia lezione vale il tuo formaggio -.
Il Corvo sciocco intese
e (un po' tardi) giurò d'esser più saggio.
III - La Rana e il Bove
Grande non più ovo di gallina
vedendo il Bove e bello e grasso e grosso,
una Rana si gonfia a più non posso
per non esser del Bove più piccina.
- Guardami adesso, - esclama in aria tronfia, son ben grossa? - Non basta, o vecchia amica -.
E la rana si gonfia e gonfia e gonfia
infin che scoppia come una vescica.
Borghesi, ch'è più il fumo che l'arrosto,
signori ambiziosi e senza testa,
o gente a cui ripugna stare a posto,
quante sono le rane come questa!
IV - I due Muli
Un Mulo che portava sulla schiena
dei sacchi d'or per conto dello Stato,
tutto superbo camminava a lato
altro Mulo carico d'avena.
Agitando la criniera
colla bella sonagliera
del nemico ei fu cagione
che attirasse sull'oro l'attenzione.
Tratta dal buon bottin ecco una banda
piomba sul regio Mulo, e una tempesta
di colpi piove a lui sopra la testa
che invan sospira e ragli al cielo manda.
- Poveretto, - esclama, - a morte
mi conduce l'alta sorte!
Te felice che d'avena,
non di tesor hai carica la schiena!
- Buon amico, è questo il guaio,
degl'impieghi illustri ed alti, gli rispose il camerata:
- meglio il mulo mugnaio
che il dover far certi salti -.
V - Il Lupo e il Cane
Un Lupo già ridotto al lumicino
grazie ai cani che stavan sempre all'erta,
andando un dì per una via deserta
incontrava un magnifico mastino,
tanto grasso, tondo e bello,
che pensò di dargli morte
provocandolo in duello.
Ma vedendolo un po' forte,
pensò invece con ragione
di pigliarlo colle buone.
Comincia in prima a rallegrarsi tanto
di vedere il buon pro' che gli fa il pane.
- E chi vi toglie, - rispondeva il Cane, di fare, se vi accomoda, altrettanto?
Quella vita che voi fate
dentro ai boschi è vita infame
sempre in guerra e sempre in scrupolo
di dover morir di fame:
vita stracciata e senza conclusione
che non può mai contar sopra il boccone.
Venite dietro a me, mio buon compare,
che imparerete l'arte di star bene.
Vi prometto pochissimo da fare;
star di guardia, guardar chi va, chi viene,
abbaiare ai pitocchi ed alla luna
e sbasoffiare poi certi bocconi
di carne e d'ossa, e capponi,
senza contar la broda
in pagamento del menar la coda -.
Udendo questo, della sua fortuna
il Lupo si rallegra fino al pianto.
Ma camminando dell'amico accanto
gli venne visto spelacchiato e frollo
del buon mastino il collo.
- Che roba è questa? - È nulla. - È nulla un corno!
- Suvvia non darti pena,
forse il segno sarà della catena
alla quale mi legano di giorno.
- Ti legano? - esclamò cangiando tono. Né correre tu puoi dove ti piace?
- Che importa? - Importa a me, colla tua pace;
fossero d'oro, i piatti tuoi ti dono,
non è una vita, no, che m'innamora -.
E presa la rincorsa, corre ancora.
VI - La Mucca, la Capra e la Pecora in società col Leone
Si narra che una volta stringesser comunella
la Pecora, la Mucca, la Capra lor sorella,
col gran signor del luogo che detto era Leone,
a questa condizione:
che ognun insieme i danni e gli utili mettesse.
Ben stabiliti i patti avvenne che cadesse
un cervo nella fossa un dì della capretta,
che onesta manda a chiedere i suoi compagni in fretta.
Giunto il Leone, esclama: - Faremo quattro parti -.
E subito coll'unghie straccia la bestia in quarti.
La prima se la piglia e ciò per la ragione
ch'egli è Messer Leone.
- Un'altra parte - aggiunge, - ancor spettami in sorte
perché sono il più forte.
La terza me la piglio perché sono il Leone,
e se la quarta qualcuno osasse contrastarmi
lo mangio in un boccone -.
VII - La Bisaccia
Barba Giove disse un giorno:
- Vengan quanti al mondo sono
animali malcontenti
e ciascun di lor mi parli
senza fare complimenti,
ch'io vedrò dal mio gran trono
se si possa contentarli -.
Il babbione per suo conto
si dichiara arcicontento
senza tema di confronto.
Una bestia, figurarsi!
che cammina a quattro mani,
così bella e di talento,
non sarebbe un'ingiustizia
se volesse lamentarsi?
Ma una grande compassione
egli sente in cor per l'orso,
che gli sembra un così stupido
materiale bestïone,
così rozzo e disadatto,
che i pittori si rifiutano
fin di pingerne il ritratto.
L'orso subito protesta
contro questa insinuazione.
Quel che a lui sembra mal fatto,
corto in coda e grosso in testa,
una macchina pesante
senza garbo e proporzione,
è piuttosto A sua volta anche costui,
ch'è un buonissimo pedante,
dice mal della balena
tutta schiena, tutta schiena.
Ogni mal è del vicino,
e per essere discreti
fa l'istesso panegirico
la formica al moscherino.
Barba Giove soddisfatto
li rimanda in santa pace.
Per venire adesso al fatto
non vi sembra che a un dipresso
anche noi facciam lo stesso?
Linci a scorgere del prossimo
i difetti, siamo poi
talpe cieche sol per noi.
Quando viene in questa valle
porta ognuno sulle spalle
una duplice bisaccia.
Dentro a quella che sta innanzi
volentieri ognun di noi
i difetti altrui vi caccia,
e nell'altra mette i suoi.
VIII - La Rondine e gli Uccellini
Molte cose una Rondine vedute
ne' suoi viaggi avea di là del mare.
Viaggiando c'è sempre da imparare
e tanto ben la nostra rondinella
apprese a strologare il cielo e i venti,
che ai naviganti indizio
era di tempo bello o di procella.
Venne il tempo che getta le sementi
della canape in terra il contadino.
Vedendo questo disse: - State attenti,
uccelli, non mi va questa faccenda;
per voi semina insidie quella mano.
Per me, se c'è pericolo,
saprò bene volarmene lontano.
Da quei solchi vedrete uscir trappole e reti e panie ed altri affanni
come dire la morte o la prigione.
Dunque, - aggiunse la Rondine prudente, codesti grani subito mangiate -.
Ma gli Uccelli risposero a fischiate.
Essi risero poi della balorda,
che mentre era sì ricca la stagione
e pieno il campo d'ogni altra pastura,
volesse, profetessa di sventura,
costringerli a mangiar roba indigesta
e cruda come questa.
Fossero stati mezzo milione,
non bastavano ancora a ripulire
una provincia di quell'erba dura.
- Uccelli, non mi va questa faccenda, la rondinella ritornava a dire, mal'erba cresce presto e non vi attenda
di non aver creduto il pentimento.
Quando la neve coprirà la terra,
sarà divertimento
di tanta gente in ozio agli uccellini
il far con lacci e trappole la guerra.
Voi non potete come è dato a noi,
e come fan le gru, fan gli stornelli,
passar del mar, dei monti oltre i confini.
Altro dunque per voi
non rimane che starvene al sicuro
dentro i crepacci cadente muro -.
Seccati di sentirla predicare,
a far rumor cominciano ...
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