VARMA NISHU

Title:IL CESTO DELLA VECCHIAIA
Subject:FICTION Scarica il testo


Nishu Varma
IL CESTO DELLA VECCHIAIA

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Da “I BASTONI DELLO YETI E ALTRE FAVOLE DI NEPAL”
EMI 1996

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C'era una volta un povero manovale che abitava con sua moglie e un figlio in un piccolo villaggio. Marito e moglie vivevano alla giornata cercando di compiere il loro dovere nel modo migliore. Erano sempre pronti a condividere con gli altri quello che avevano. E anche per questo, la gente era contenta di averli come vicini. La donna, poi, era molto affettuosa con i bambini e molti genitori le affidavano i figli durante la giornata di lavoro. La ricompensavano, poi, regalandole qualcosa di quello che producevano.
Ma un brutto giorno la donna si ammalò gravemente. Suo marito non riusciva a capire cosa fosse successo e non sapeva nemmeno cosa fare mentre le condizioni della donna si aggravavano sempre di più. Quando i vicini seppero del male, organizzarono una colletta allo scopo di portare la donna all'ospedale più vicino; ma era troppo tardi! La poveretta morì prima ancora di arrivarci.
Immaginate il dolore del marito e anche dei vicini per la perdita di un'anima tanto buona!
Il figlio della donna era troppo piccolo per capire ciò che era successo. Piangeva perché sentiva la mancanza della mamma, ma il padre non riusciva a spiegargli le cose.
I parenti erano preoccupati per il piccolo e decisero di cercare un'altra moglie per l'uomo, ma egli rifiutò dicendo: «Rifarmi una vita con un'altra donna mi allontanerebbe da mio figlio. Non voglio trascurare i miei doveri verso di lui». I parenti, un po' offesi, decisero di lasciar stare. E così passarono i giorni, i mesi... gli anni.
II bambino era diventato un bel giovane. Era un giovane mite, intelligente e, in qualche misura, anche istruito. Presto riuscì ad aprire una drogheria per conto proprio. Dopo i primi guadagni disse al padre: «Non hai più bisogno di affaticarti, papa. Da oggi rimarrai a casa e, se vuoi, mi potrai dare una mano in negozio».
Al manovale, ormai vecchio e stanco, piacque l'idea di potere finalmente riposarsi un po'. Ogni tanto aiutava il figlio, altrimenti rimaneva a casa a fare piccoli lavoretti.
Un giorno disse al figlio; «È ora che ti trovi una moglie. Dobbiamo informare i parenti della nostra intenzione. Ricordo come si sentirono offesi quando rifiutai la donna che avevano trovato per me. Approfitteremo di questo momento per ringraziarli e riconciliarci con loro». Il giovane ascoltò il consiglio e lo accettò di buon grado.
Allora il padre partì e fece il giro di tutti i parenti, uno alla volta. Fece la pace con loro e ad ognuno diede anche il compito di trovare una bella giovane sposa per il figlio.
Al momento stabilito quest'ultimo ne scelse una e il matrimonio fu subito celebrato. Il tempo passò e la donna diede alla luce un bel bambino. La gioia dell'anziano era immensa, con un figlio che guadagnava bene, una nuora così bella e un nipotino con cui giocare... Non poteva proprio chiedere altro alla vita. Dopo la morte della moglie era finalmente riuscito a ritrovare giorni sereni.
Il bambino fu anche considerato un portafortuna, perché dopo la sua nascita gli affari del giovane padre cominciarono ad andare a gonfie vele. Ma questa inaspettata prosperità cambiò il carattere della donna. Perse la sua semplicità d'animo, la sua dolcezza e diventò sgarbata, arrogante, specialmente verso il suocero.
I due uomini non si resero subito conto della cosa. Ma pian piano il vecchio cominciò a notare tanti piccoli cambiamenti. Per esempio, la nuora cominciò a dargli da mangiare solo una volta al giorno; poi pretese che lavasse da solo i suoi vestiti; infine gli impose di riordinare e pulire da solo la sua stanza.
Con il passare del tempo la situazione peggiorò; l'anziano uomo non doveva più badare solo alle sue cose, ma era costretto a pulire tutta la casa, a fare la spesa, ad andare ad attingere acqua al pozzo. Insomma, a fare tutti i lavori dei quali in passato si era occupata la donna. Il povero vecchio si rassegnò a questo diverso atteggiamento della nuora e lo accettò come un destino, cominciando una nuova vita lavorativa, tanto faticosa per lui, anche se diversa da quella che aveva condotto nella sua giovinezza.
Il cattivo comportamento della nuora arrivò a tal punto che i vicini si sentirono in dovere di avvisare il figlio dell'anziano. Il giovane fece finta di non capire, ma ne parlò a quattrocchi con la moglie. Questa riuscì a fargli credere che era tutta invidia della gente e che i vicini inventavano false storie per seminare discordia nella loro famiglia. Così, poco a poco, la donna riuscì ad influenzare talmente il marito che questi cominciò a credere soltanto alle parole della moglie.
Erano passati alcuni anni. L'anziano, ancora più invecchiato e debole, compiva a fatica i compiti che gli venivano imposti. Soltanto il bambino lo aiutava, ogni volta che poteva, all'insaputa della madre. Ed era sempre pronto a difenderlo dalla rabbia della donna.
Un giorno il bambino vide i genitori alzarsi presto la mattina e parlare fra loro a bassa voce. Vide poi il padre preparare un cesto abbastanza grande da contenere una persona. Allora gli chiese: «Papa, a che serve questo cesto?». Gli rispose la madre, in questo modo: «Vogliamo portare tuo nonno a visitare il tempio lassù, sulla cima di quel monte...» e indicò il tempio con un dito. Il padre aggiunse: «Dobbiamo essere cauti, perché il nonno è vecchio e non ce la fa ad arrivarci a piedi. Quindi abbiamo deciso di portarlo con il cesto». «Allora vengo anch'io» dichiarò il bambino e i genitori non riuscirono a fargli cambiare idea.
In verità, il piano dei genitori era diabolico. Siccome la donna non sopportava il suocero e questi non era più utile, aveva convinto il marito a farla finita. Così avevano deciso di portarlo in cima alla montagna e di buttarlo di sotto, fingendo un incidente. La donna aveva pensato di organizzare un funerale fastoso, per mostrare quanto dispiaceva loro la perdita dell'anziano. Suo marito, ormai completamente in sua balia, non capiva l'errore che stava per commettere.
L'anziano fu molto contento quando seppe che i suoi volevano portarlo al tempio. In quel momento perdonò alla donna tutte le sue cattiverie.
Cominciarono il viaggio e presto la notizia si sparse per il villaggio. La gente non era molto convinta delle intenzioni della donna, ma non poteva neanche insinuare sospetti senza prove!
Il cammino era faticoso. Il gruppo riuscì ad arrivare sulla cima soltanto verso sera. Decisero di dormire nel tempio stesso e la donna andò a chiamare il monaco per chiedere il suo permesso. Era contenta, perché tutto stava andando secondo i suoi piani.
Il monaco non ebbe nulla in contrario e, dopo aver cenato, il gruppo si sistemò sul pavimento del tempio per dormire.
La mattina seguente, molto presto, il giovane mise l'anziano padre nel cesto e lo portò verso l'alto. Camminò per un po', poi si avvicinò al dirupo.
Stava per buttare giù il cesto, quando sentì una vocina: «Non buttare il cesto, perché servirà a me...». Impaurito, il giovane si voltò e si trovò faccia a faccia con il proprio figlio, che lo aveva seguito pian piano, senza farsi notare. «Che ci fai tu qui? A quest'ora dovresti essere a letto, accanto alla mamma!». Il bambino lo fissò con innocenza e rispose: «Sono venuto a dirti di non buttare il cesto». «Perché? Cosa te ne fai?» fu la domanda stizzita del padre. «Da grande, quando mi sarò stancato di te, avrò bisogno dello stesso cesto per buttarti giù da questa cima».
Il giovane rimase impietrito. Improvvisamente capì la cosa tremenda che stava per fare. Appoggiò a terra il cesto e scoppiò a piangere. Chiese perdono al padre e, molto tempo dopo, tornò al tempio accompagnato sia dal padre che dal figlio.
Vedendoli arrivare tutti assieme, la donna si arrabbiò e stava per assalire il marito, ma questi la anticipò dicendole: «Cara, stavamo per commettere un grave delitto. Grazie a nostro figlio siamo riusciti ad evitare un futuro di rimorsi e reciproche accuse», e le raccontò cos'era accaduto. Anche la donna, allora, capì la sua follia. Si pentì, chiese perdono al vecchietto e la famiglia ritornò ad essere felice.


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