FRANCE ANATOLE

Title:LE SETTE DONNE DI BARBABLÙ (TRATTO DA DOCUMENTI AUTENTICI)
Subject:FRENCH FICTION Scarica il testo


Anatole France

LE SETTE DONNE DI BARBABLÙ

DA DOCUMENTI AUTENTICI

Traduzione di Antonia Illiano





Testo messo on line il 12/11/2001
www.wordtheque.com
Borsino Traduttori






Prefazione alla traduzione
di Antonia Illiano

La personalità terribile e scorretta del Barbablù della fiaba di Perrault, appare, nel riverbero del tempo che favorisce l'assimilazione del personaggio, come tetra, pericolosa, scostante, fortemente ridotta all'odio profondo verso la donna.
Indotto ad ucciderla, attraendola nella trappola del "piccolo studio", forse per sopprimere nella femmina, la furbizia, l'arroganza e la curiosità, elementi ricorrenti e pregnanti che, in qualche modo, attentavano allo strapotere del maschio, il personaggio era una specie di mostro e risvegliava nella persona che ascoltava, antiche paure, orrori rimossi.
Con Anatole France, si passa dolcemente dalla fiaba di Barbablù ad un personaggio veritiero, teso tra diverse e sinergiche sfortune che lo condurranno alla morte.
In altre parole, la fiaba si trasforma in storia dal contenuto altrettanto crudele, dove il carnefice diviene vittima ed assume un aspetto umano, dotato perfino di ingenuità e affettuosità. Non esistono la furbizia e il sospetto che Perrault aveva lasciato scaturire dai suoi lavori.
Ingenuo, profondamente buono e passionale, Barbablù mancava di fermezza, come di quella sospettosità garbata e legittima che lascerebbe cogliere alcuni messaggi nelle comunicazioni sociali.
Il personaggio di Anatole France è, pertanto molto realistico, mentre gli eventi e le osservazioni contestuali, scoprono i valori di un'epoca un tantino corrotta e poco leale.
Resta un lavoro che offre la lettura dei personaggi da angolazioni differenti e che accoglie nuove e più veritiere interpretazioni riferite a figure realmente esistite o soltanto inventate dalla fantasia popolare.

N.B. Nella traduzione ho utilizzato "Le petit Robert", utile per i modi di dire e i riferimenti alle etimologie ed un vecchio vocabolario degli anni '50 che mi ha consentito di tradurre anche termini completamente scomparsi dalla letteratura francese del nostro tempo.
Ho rispettato al massimo i segni di interpunzione adoperati dall'autore, ma talvolta mi sono permessa di cambiare l'impostazione di una frase e quindi anche la sua punteggiatura al fine di renderla più comprensibile ed adeguata ad un'epoca in cui il modo di esprimersi e di scrivere è profondamente cambiato.
(nda).










Antonia Illiano

È nata a Napoli, dove vive e lavora.
Psicologa, pedagogista e psicoterapeuta è docente del C.I.S.S.P.A.T. (Centro Italiano Superiore di Psicoterapie Autogene e Brevi) e della S.I.L.A.E. (Società Italiana di Logoterapia ed Analisi Esistenziale) di Padova.
Dal 1986 è stata psicologa di équipe medico-psicopedagogiche istituite dal Provveditorato agli Studi di Napoli, occupandosi di ragazzi difficili o a rischio e di portatori di gravi handicap, dalla Scuola Materna alla Scuola Superiore.
Per dodici anni ha lavorato in qualità di musicoterapeuta, presso una clinica del casertano, anche con cerebrolesi e ragazzi down. Ha pubblicato presso l'Editore Guida di Napoli, nella collana "Lettere Italiane", un manuale di Psicodiagnostica, un libro di Psicofavole e di Psicoracconti e tre raccolte di poesie.





Le sette donne di Barbablù
tratto da documenti autentici




Sul famoso personaggio, volgarmente chiamato Barbablù, sono state formulate le più diverse, false e strane opinioni. Non possono essere forse meno sostenibili di quella che fa di questo gentiluomo una personificazione del sole.
È a questo che si è riferita, una quarantina di anni fa, una certa scuola di mitologia comparata.
Ivi si insegnava che le sette mogli di Barbablù erano delle aurore e i loro due cognati i due crepuscoli del mattino e della sera, identici ai Dioscuri che liberarono Elena, rapita da Teseo.
A coloro che sarebbero tentati di crederci, bisogna ricordare che un saggio bibliotecario d'Agen, Jean-Baptiste Pérès dimostrò, nel 1817, in modo molto inconsistente, che Napoleone non era mai esistito e che la storia di tale ipotetico grande capitano non era che un mito solare. A dispetto dei più ingegnosi giochi di spirito, non si saprebbe dubitare che Barbablù e Napoleone non siano realmente esistiti.

Un'ipotesi che non è meglio fondata consiste nell'identificare questo Barbablù con il maresciallo di Rais, che fu condannato alla forca, sotto il ponte di Nantes il 26 ottobre 1440.
Senza ricercare con M. Salomon Reinach se il maresciallo commise tutti i crimini per i quali fu condannato o se le sue ricchezze, desiderate da un principe avido, non contribuirono affatto alla sua rovina, nulla nella sua vita rassomiglia a quanto si trova in quella di Barbablù. È sufficiente, per non confonderli e fare dell'uno e dell'altro un solo personaggio.

Charles Perrault che, verso il 1660, ebbe il merito di comporre la prima biografia di questo signore giustamente notevole per aver sposato 7 donne, ne fece un emerito scellerato e il più perfetto modello di crudeltà che vi fosse al mondo.
Ma si è autorizzati a dubitare se non della sua buona fede, almeno della certezza delle informazioni. Egli ha potuto essere prevenuto contro il suo personaggio. Ciò non sarebbe il primo esempio di uno storico o di un poeta cui piace oscurare i suoi capolavori. Se noi abbiamo di Tito un ritratto che sembra lusinghiero, appare, al contrario che Tacito ha offuscato molto Tiberio.
Macbeth, che la leggenda e Shakespeare caricano di crimini, era in realtà un re giusto e saggio. Egli non assassinò affatto a tradimento il vecchio re Duncan. Questi, ancora giovane, fu sconfitto in una grande battaglia e trovato morto il giorno dopo in un posto chiamato la bottega dell'Armaiolo. Quel re aveva fatto morire parecchi congiunti di Gruchno, moglie di Macbeth. Costui rese prospera la Scozia; egli favorì il commercio e fu considerato il difensore dei borghesi, il vero re delle città. La nobiltà dei clan non gli perdonò né di aver vinto Duncan, né di aver protetto gli artigiani: essa distrusse e disonorò la sua memoria. Dopo la sua morte il buon re Macbeth non fu più conosciuto che per i racconti dei suoi nemici. Il genio di Shakeaspeare impose le loro menzogne alla coscienza umana. Da molto tempo io sospettavo che Barbablù fosse vittima di una fatalità analoga. Tutte le circostanze della sua vita, così come le ho trovate riferite, erano lontane dall'appagare il mio spirito e dal soddisfare quel bisogno di logica e di chiarezza che incessantemente mi divora. Io vi scoprivo, riflettendo, delle difficoltà insormontabili. Si voleva troppo lasciarmi credere alla crudeltà di quest'uomo per non farmene dubitare.

Tali presentimenti non mi ingannavano affatto. Le mie intuizioni, che derivavano da una certa conoscenza della natura umana, dovevano presto trasformarsi in una certezza fondata su prove irrefutabili. Scoprii presso uno scalpellino di San-Jean-des-Bois diversi documenti riguardanti il Barbablù; fra l'altro il suo diario, (livre de raion: diario tenuto dal capofamiglia) e una querela anonima contro i suoi omicidi, alla quale per motivi che io ignoro, non fu mai dato seguito. Questi documenti mi lasciarono fermo nell'idea che egli fosse buono e sventurato e che il suo ricordo morì sotto indegne calunnie. Da allora, consideravo un dovere scrivere la sua vera storia, senza farmi alcuna illusione sul successo di una tale impresa. Tale tentativo di riabilitazione è destinato, lo so, a cadere nel silenzio e nel dimenticatoio.
Cosa può la fredda e nuda verità contro il prestigio prodigioso della menzogna?



II


Verso il 1650 risiedeva sulle sue terre, tra Compiègne e Pierrefonds, un ricco gentiluomo, chiamato Bernard de Montragoux i cui antenati avevano occupato le più grandi cariche del regno; ma egli viveva alienato dalla Corte, in quella tranquilla oscurità, che nascondeva allora tutto ciò che non incontrava l'approvazione del re. Il suo castello di Guillettes abbondava di mobili preziosi, di vasellame d'oro e d'argento, di tappezzerie, di ricami che egli teneva nascosti in magazzini. Non che egli nascondesse i suoi tesori per timore di danneggiarli con l'uso; era, al contrario, liberale e magnifico. Ma a quei tempi i signori conducevano correntemente, in provincia, un'esistenza molto semplice, facendo mangiare le genti alla loro tavola e danzando la domenica con le ragazze del villaggio. Tuttavia, davano, in certe occasioni, splendide feste che risaltavano sulla mediocrità dell'ordinaria esistenza. Perciò era necessario che tenessero molti dei bei mobili e delle belle tappezzerie in riserva. Era ciò che faceva M. de Montragoux.

Il suo castello, costruito nell'età gotica, ne possedeva la severità. All'esterno si mostrava assai rozzo e tetro, con i tronconi delle sue grosse torri abbattute al momento dei disordini del regno, ai tempi del defunto re Luigi. All'interno esso offriva un aspetto più gradevole. Le camere erano decorate all'italiana, e la grande galleria del pianterreno, tutta carica di modelli di ornamento, di tappezzerie e di indorature.

A una delle estremità di questa galleria si trovava uno stanzino che si chiamava ordinariamente "il piccolo studio". È l'unico nome con il quale Charles Perrault lo designa. Non è inutile sapere che egli la nominò anche la stanza delle principesse sventurate, perché un pittore di Firenze aveva rappresentato sulle mura le tragiche storie di Dircé, figlia del Sole, attaccata ...