GRIMM BRÜDER

Title:TAVOLINO MAGICO, L'ASINO D'ORO E IL RANDELLO CASTIGAMATTI (IL)
This text will be replaced
Subject:GERMAN MISCELLANEOUS WRITINGS Scarica il testo


Jakob Ludwig Karl Grimm - Wilhelm Karl Grimm




Il tavolino magico, l'asino d'oro e il randello castigamatti



C'era una volta un sarto, che aveva tre figli e una sola capra. Ma siccome
la capra li nutriva tutti col suo latte, dovevano darle erba buona e
condurla al pascolo ogni giorno. I figli lo facevano a turno. Una volta il
maggiore la portò al camposanto, dove c'era l'erba più bella, e la lasciò
pascolare e scorazzare. La sera, venuta l'ora del ri torno, domandò: -
Capra, hai mangiato a tua voglia? - La capra rispose:
- Ho mangiato a mia voglia,
e non ci sta più una foglia: mèee! mèee!


- Allora vieni a casa, - disse il ragazzo; la prese per la fune, la condusse nella stalla e la legò. - Be', - disse il vecchio sarto, - la capra ha
avuto la sua pastura? - Oh, - rispose il figlio, - ha mangiato a sua voglia,
e non ci sta più foglia -. Ma il padre volle persuadersene lui stesso, andò
nella stalla, accarezzò la cara bestiola e doman dò: - Capra, hai mangiato a
tua voglia? - La capra rispose:

- Come potevo mangiare a mia voglia? Ho pestato dei morti la fossa, non ho
trovato nemmeno una foglia: mèee! mèee!


-Che cosa mi tocca sentire! -esclamò il sarto; corse di sopra e disse al
ragazzo: - Ehi, bugiardo! dici che la capra ha mangiato a
voglia, e le hai fatto patir la fame? - E, incollerito, staccò il metro
dalla parete e lo cacciò fuori a botte.
Il giorno dopo, toccò al secondo figlio, che scelse un posto accanto alla
siepe, dove c'era solo erba buona; e la capra se la mangiò
La sera, prima di tornare a casa, egli domandò: - Capra, hai a tua voglia? -
La capra rispose:

- Ho mangiato a mia voglia,
e non ci sta più una foglia: mèee! mèee!

Allora vieni, - disse il ragazzo; la portò a casa e la legò nella
stalla.Be',- disse il vecchio sarto, - la capra ha avuto la sua pastura?
- Oh, - rispose il figlio, - ha mangiato a sua voglia e non ci sta più
foglia-. Il sarto non si fidò, scese nella stalla e domandò: - Capra, hai
mangiato a tua voglia? - La capra rispose:
- Come potevo mangiare a mia voglia?
Ho pestato dei morti la fossa, non ho trovato nemmeno una foglia: mèee!
mèee!


- Scellerato, furfante! - gridò il sarto: - far patir la fame a una bestia
tanto buona! - Corse di sopra, e cacciò fuori il figlio a colpi di metro.
Ora toccò al terzo figlio; questi volle farsi onore, cercò i cespugli più
frondosi e fece pascolare la capra. La sera, prima di andare a casa, le
domandò: - Capra, hai mangiato a tua voglia? - La capra rispose:
- Ho mangiato a mia voglia,
e non ci sta più una foglia: mèee! mèee!
- Allora vieni a casa, - disse il ragazzo; la condusse nella stalla e la
legò.
- Be', - disse il vecchio sarto, - la capra ha avuto tutta la sua pastura? -
Oh, - rispose il figlio, - ha mangiato a sua voglia e non ci sta più foglia
-.il sarto non si fidava, andò nella stalla e domandò: - Capra, hai mangiato
a tua voglia? - La bestia malvagia ri spose:
- Come potevo mangiare a mia voglia? Ho pestato dei morti la fossa, non ho
trovato nemmeno una foglia: mèee! mèee!



- Oh, razza di bugiardi! - esclamò il sarto: - tutti a un modo, scellerati
e sleali! Non mi gabberete più-. E fuor di sé dalla collera, corse di sopra
e diede il metro sulla schiena al povero ragazzo, con tanta forza, ch'egli
schizzò di casa.
Ora il vecchio sarto era solo con la sua capra. La mattina dopo, scese nella
stalla, l'accarezzò e disse: - Vieni, cara bestiola, ti porterò io stesso
al pascolo -. La prese per la fune e la condusse lungo siepi verdi, nel
millefoglio e altre erbe che piacciono alle capre.
- Una volta tanto puoi mangiare a sazietà, - le disse, e la lasciò pa
scolare fino a sera. Allora domandò: - Capra, hai mangiato a tua voglia? -
Essa rispose:

- Ho mangiato a mia voglia,
e non ci sta più una foglia: mèee! mèee!


- Allora vieni a casa, - disse il sarto; la condusse nella stalla e la legò.
Andandosene, si voltò ancora a dirle: - Stavolta hai proprio mangiato a tua
voglia! - Ma la capra non lo trattò meglio e gridò:
- Come potevo mangiare a mia voglia? Ho pestato dei morti la fossa, non ho
trovato nemmeno una foglia: mèee! mèee!

All'udirla, il sarto rimase attonito e capì di aver scacciato i suoi figli
senza motivo. - Aspetta, - esclamò, - ingrata creatura! Scacciarti è troppo
poco: ti concerò in modo che non potrai più farti vedere fra sarti per bene
-. Corse su in un lampo, prese un rasoio, insaponò la testa della capra e la
rase come il palmo della mano. E siccome il metro sarebbe stato troppo
onorevole, prese la frusta, e le diede tali botte, che essa scappò via a
gran balzi.
Il sarto, solo solo nella sua casa, cadde in profonda malinconia e avrebbe
voluto riavere i suoi figli, ma nessuno ne sapeva nulla. Il maggiore era
andato a imparare il mestiere da un falegname. Lo imparò con gran zelo e
quando, finito il tirocinio, dovette partire, il maestro gli regalò un
tavolino di legno comune, niente di spe ciale a vederlo; ma aveva una gran
virtù: quando lo si metteva in terra e si diceva: - Tavolino, apparecchiati!
- ecco il bravo tavolino coprirsi di una linda tovaglietta, con un piatto e
una posata, e vassoi di lesso e d'arrosto quanti ce ne potevan stare, e un
bicchierone di vin rosso che scintillava da rallegrare il cuore. Il giovane
apprendista pensò: « Ne hai per tutta la vita ». Se ne andò allegramente per
il mondo e non gli importava che una locanda fosse buona o cattiva, e ci si
potesse o no trovar qualcosa. Quando gliene saltava il ticchio, non si
fermava neanche a un'osteria, ma in un campo, nel bosco, in un prato, come
gli piaceva, si toglieva il tavolino dalle spalle, se lo metteva davanti e
diceva: - Tavolino, apparecchiati! - ed ecco pronto tutto quel che
desiderava. Alla fine pensò di tornar da suo padre: la collera si era certo
placata e, con il tavolino magico, l'avrebbe accolto volentieri. Ora avvenne
che la sera, sulla via del ritorno, giunse in una locanda piena di gente:
gli diedero il benvenuto e l'invitarono a sedersi e a mangia re con loro; se
no, difficilmente avrebbe ancora trovato qualcosa.
- No, - rispose il falegname, - non voglio togliervi quei due bocco ni;
piuttosto sarete voi miei ospiti -. Si misero a ridere, pensando che si
burlasse di loro. Ma egli mise in mezzo alla stanza il suo tavo lino di
legno e disse: - Tavolino, apparecchiati! - Ed eccolo guar nito di cibi
squisiti, quali l'oste non avrebbe mai potuto fornire, e il cui profumo
solleticava piacevolmente il naso degli avventori.
- Coraggio, cari amici! - disse il falegname; e quelli, vedendo che faceva
sul serio, non se lo fecero dire due volte, si avvicinarono, estrassero i
loro coltelli e non fecero complimenti. E meravi glioso era che ogni piatto,
non appena vuoto, veniva subito sostituito da uno colmo. L'oste stava a
guardare in un angolo, non sapendo che dire; ma pensava: « Un simile cuoco
ti ci vorrebbe proprio per la tua locanda! » Il falegname e la sua brigata
se la spassarono fino a tarda notte; alla fine andarono a letto e anche il
giovane apprendista si coricò, appoggiando il suo tavolino magico alla
parete. Ma l'oste continuava ad almanaccare; gli venne in mente che nel
ripostiglio c'era un vecchio tavolino, identico all'aspetto; l'andò a
prendere pian piano e lo scambiò con quello magico. La mattina dopo il
falegname pagò il conto, si caricò del tavolino, sen za sospettare che fosse
falso, e se ne andò per la sua strada. A mez zogiorno giunse dal padre, che
l'accolse con gran gioia. - Be', caro figlio, cos'hai imparato? - gli
chiese. - Babbo, son diventato fale gname. - Un bel mestiere, - replicò il
vecchio, - ma cos hai portato dal viaggio? - Babbo, il meglio che abbia
portato è il tavolino -. Il sarto l'osservò da ogni parte e disse: - Non hai
fatto un capolavoro: è un tavolino vecchio e brutto. - Ma è un tavolino
magico,
- rispose il figlio: - quando lo metto in terra e gli dico: « Appa
recchiati! » subito vi compaiono le più squisite vivande e un vino che
rallegra il cuore. Invitate tutti i parenti e gli amici, che una volta tanto
si ristoreranno: il tavolino li sazia tutti -. Quando la compagnia fu
raccolta, mise il suo tavolino in mezzo alla stanza e disse: - 'Tavolino,
apparecchiati! - Ma quello non si mosse e rimase vuoto, come qualsiasi altro
tavolo che non capisce la lingua. Allora il povero apprendista s'accorse che
il tavolino gli era stato scambiato e si vergognava di far la figura del
bugiardo. Ma i parenti lo presero in giro, e tornarono a casa, senz aver
mangiato né be vuto. ...