DICKENS CHARLES

Title:AVVENTURE DI OLIVER TWIST (LE)
Subject:ENGLISH FICTION Scarica il testo


CHARLES DICKENS.
LE AVVENTURE DI OLIVER TWIST.
EDIZIONE INTEGRALE.
Titolo originale The adventure of Olivers.
Traduzione di Maria Silvi.
Edizioni Accademia- Milano 1982.
lllustrazioni e traduzioni: Gestioni e Lavorazioni Grafiche Editoriali.
via Baltimora 21 - 10137 Torino 1989 Alauda editoriale s.r.l.
Stampa: G. CANALE 8 C. S.p.A. - Via Tripoli 97 - Torino.

CAPITOLO PRIMO.
Qui si parla del luogo di nascita di Oliver Twist e delle circostanze che si
riferiscono alla sua venuta al mondo.
Tra i molti edifici di una città che considerazioni particolari mi impediscono
di nominare e che non voglio battezzare con definizioni posticce, ce ne è uno
che è comune a tutti i luoghi di questo mondo, grandi o piccoli che siano.
Mi riferisco all'ospizio per i poveri e intendo farvi subito sapere che
nell'istituto che sorgeva in quella famosa città nacque, in un giorno che non
preciserò, il rappresentante il cui nome è citato nella testata di
questo capitolo.
Per qualche tempo dopo il suo arrivo in questa valle di lacrime ci fu da
dubitare che intendesse rimanervi, nel qual caso probabilmente queste memorie
non sarebbero mai state scritte, oppure, concentrate in due modeste paginette,
sarebbero state tramandate ai posteri come esempio di una biografia oltremodo
concisa.
Non voglio dichiarare che il nascere in un ospizio per poveri rappresenti una
circostanza di favore per un essere umano; tuttavia, per Oliver Twist si rivelò
come un colpo di fortuna.
I suoi polmoni si rifiutavano di lavorare e solo dopo notevoli sforzi si riuscì
a convincerli a respirare, operazione alquanto monotona ma che per secolare
abitudine è necessaria per mantenersi in vita. Così per qualche tempo egli
rimase immobile nella sua cuccia, incerto se restare in questo basso mondo o
volarsene verso uno migliore.
Se fosse stato circondato da uno stuolo di nonne, di zie, di cugine, di
infermiere e di medici sarebbe certo morto nello spazio di ventiquattro ore, ma
non essendoci a occuparsi di lui che una povera vecchietta che amava un po'
troppo la birra e un solo medico condotto, Oliver e la Natura combatterono nel
migliore dei modi la loro battaglia.
Il piccino si agitò, lottò, starnutì e infine, lanciando uno strillo che
nessuno si sarebbe atteso da un esserino che possedeva il dono della voce solo
da qualche minuto, diede avviso agli abitanti dell'ospizio che un nuovo
cittadino doveva essere iscritto nei registri del comune.
Appena Oliver ebbe così dimostrato che i suoi polmoni avevano cominciato a
funzionare, la coperta che era stata gettata frettolosamente su un letto di
ferro lì vicino si sollevò, il viso smunto di una giovane donna si mosse sul
guanciale e una voce debole sussurrò:
Voglio vederlo... dopo, posso anche morire.
Il medico, intento a scaldarsi le mani vicino al camino, si avvicinò al letto e
disse in tono gentile: Non dovete parlare di morire, che diamine!
Oh, no, cara, non dovete dire certe cose aggiunse l'infermiera. Siete mamma e
dovete vivere per la vostra creatura. Guardate che bel bambino!
L'ammalata scosse il capo, ma stese le braccia verso il suo piccino e il medico
glielo porse; ella lo baciò sulla fronte, lo accarezzò guardandolo con
tristezza.
Poveretta! disse l'infermiera qualche ora dopo. Eppure avete tentato tutto per
salvarla, dottore!
Incaricatevi voi del piccolo le raccomandò il medico. lo ho visite e non posso
trattenermi. Dategli un po' di latte nel biberon se si mettesse a piangere.
Sapete capitata qui quella donna?
L'hanno trovata svenuta sulla strada. E credo che abbia camminato a lungo
perché aveva le scarpe tutte consumate. Ma nessuno può dire chi fosse e di dove
venisse.
Probabilmente c'è sotto qualche dramma di famiglia sospirò il medico. Aveva
l'aria di essere una giovane distinta e a modo. Be'... buona notte, infermiera.
Uscito il medico, la donna sedette di fronte al caminetto è cominciò a vestire
il piccino.
Oliver Twist offriva un esempio di quello che voglia dire l'importanza
Paludato nella coperta che fino a quel momento era stata il
suo unico vestito, avrebbe potuto essere tanto il figlio di un mendicante
quanto quello di un gran signore, e assegnargli il posto che gli spettava come
categoria sociale non sarebbe stato facile. Ora invece, avvolto nelle fasce
lise e ingiallite per il lungo uso, si poteva senza esitazione classificarlo,
bollarlo e numerarlo: era l'orfano per eccellenza, il tapinello, l'ospite di un
asilo per mendicanti, un esserino destinato a soffrire la fame, a essere
battuto, maltrattato, disprezzato e incompreso.
Oliver frignava; ma i suoi strilli avrebbero raggiunto le stelle se avesse
saputo di essere un orfanello senza un'anima che gli volesse bene nel vasto
mondo, una creatura disgraziata, abbandonata nelle mani di mercenari del tutto
indifferenti alla sua pietosa condizione.CAPITOLO SECONDO.
Come Oliver crebbe. Come fu nutrito ed educato.
Durante gli otto o dieci mesi che seguirono, Oliver, sempre frignante e
lagnoso, non fece che seccare a morte il personale dell'ospizio. Così, con il
pretesto che era un poco macilento, fu richiesto l'intervento del comitato
parrocchiale, il quale risolse di mandarlo in campagna, in una sorta di
succursale dell'istituto a circa tre miglia di distanza.
Là, insieme con altri venti o trenta bambini non certo oppressi da una
alimentazione eccessiva e da indumenti troppo caldi, fu affidato alla materna
sorveglianza della signora Mann, una donna anziana che accoglieva i piccoli
pensionanti alla tariffa di sette pences la settimana ognuno, somma sumciente a
far sì che un bimbo viva, naturalmente senza pericolo di crepare
d'indigestione, e che venga su non troppo viziato.
La signora Mann era un'educatrice abile ed esperta: sapeva quel che serve ai
bambini per star bene e ancor meglio sapeva quel che serviva a lei stessa.
La nota la storiella del filosofo il quale, per dimostrare che il suo cavallo
era in grado di campare senza nutrimento, andò sempre più riducendogli la
razione fino a dargli una pagliuzza al giorno. Malauguratamente l'animale non
attese di ricevere la sua prima dose di aria pura: l'improvviso decesso non
permise di stabilire se la dieta gli avesse giovato, rendendolo magari più
agile e focoso.
La filosofia sperimentale della signora Mann raggiungeva spesso simili
risultati, ma generalmente il bambino che superava la prova alimentare più che
agile e giocoso diveniva molesto e poteva accedergli di finire nel fuoco, di
strozzarsi, di annegare nella tinozza del bucato, incidente piuttosto raro,
questo, perché all'asilo il bucato non lo si faceva di frequente.
Quando uno di questi inconvenienti era abbastanza clamoroso da provocare una
inchiesta e i giudici facevano domande imbarazzanti e magari qualche vicino
troppo petulante deponeva in modo ambiguo, c'era a salvar la situazione il
rapporto del medico, la testimonianza del custode o di una serva, per cui alla
fine risultava che tutto era regolare, che la signora Mann non aveva mai
mancato al proprio dovere in nessun senso verso i suoi ospiti i quali non
mancavano di nulla né materialmente né spiritualmente.
Il comitato parrocchiale mandava di tanto in tanto un incaricato per un
sopralluogo all'asilo campestre, sempre avvertendo un paio di giorni prima, e
ogni volta si trovava davanti un gruppo di bambini puliti e lustri,
con il vestito in perfetto ordine, i capelli ravviati, tutti contegnosi ed
evidentemente perfettamente educati. Che cosa si poteva pretendere di più? si
domandava nel suo rapporto.
Non c'era però da aspettarsi che quel sistema producesse frutti rigogliosi; a
nove anni Oliver era un bambino smorto ed esile, piccolo di statura e scarso di
torace. La natura e l'ereditarietà l'avevano però dotato di uno spirito vivace
e di una rara tenacia, che avevano potuto svilupparsi largamente per via del
regime spartano cui era stato sottoposto e in grazia del quale egli fu in grado
di festeggiare il suo nono compleanno nel ripostiglio del carbone, in compagnia
di altri due ragazzini, castigati e picchiati di santa ragione per
sfacciataggine, spirito di rivolta e insopportabile insolenza.
Si erano lagnati di aver fame, quei piccoli ipocriti, mentre la signora Mann,
aveva loro regolarmente servito la colazione.
La buona donna era alla finestra della sua stanza allorché vide apparire il
signor Bumble, il guardiano dell'ospizio, che si sforzava di aprire il
cancelletto del giardino.
Bontà divina, siete voi, signor Bumble? esclamò sporgendosi e fingendo una
gioia che era ben lungi dal provare. Susy, porta immediatamente disopra Oliver
e gli altri due e lava loro il muso, spicciati! Oh, caro signor Bumble, come
sono contenta di vedervi!
Il caro signor Bumble era un tipo massiccio, carnoso e collerico: anziché
rispondere alla cordialità dimostratagli dalla signora Mann con un bel sorriso
o con qualche espressione gentile, scosse il cancelletto con un'energia tale da
scardinarlo e gli avventò qualche energica pedata.
Oh, che sventata sono mai! strillò la signora Mann correndo fuori, già che
ormai i tre erano stati fatti uscire dal ripostiglio del carbone e condotti
nelle stanze superiori. Mi ero proprio dimenticata di aver chiuso il cancello
I nostri cari bambini mi dànno un tale da fare che qualche volta
perdo la memoria. Ma entrate, signor Bumble, entrate!
L'invito era accompagnato da un inchino che avrebbe commosso un cuor di pietra,
ma Bumble ...